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Consulenza Sessuologica ad equipe di educatori handicap adulto

Caterina Amadori

Laurea in Psicologia – indirizzo Clinico e di Comunità; Educatore con handicap adulto presso una Cooperativa Sociale

Consulenza Sessuologica ad equipe di educatori handicap adulto

Il lavoro dell’educatore professionale con l’handicap adulto inserito in strutture residenziali e semi-residenziali, è un’esperienza che coinvolge a 360 gradi. L’educatore assiste e condivide esperienze lavorative, ricreative e di vita familiare con questo tipo di utenza.

L’equipe vede crescere i giovani ed invecchiare gli adulti, essendo presenti nelle diverse tappe evolutive e affiancandoli nello scorrere della vita quotidiana. Questo per spiegare quanto gli educatori possono arrivare a conoscere gli utenti.

Eppure si può notare che comunque, seppur stando sempre attenti ad ogni cambiamento, umore e richiesta, rimangono spesso in ombra alcuni aspetti del disabile. Per questioni che possono essere legate alla cultura, alla religione, alle abitudini, pur notando anche nella disabilità una spinta istintuale, vitale al desiderio, non si tende a soffermarsi sulla sessualità di queste persone, ma la si lascia ai lati della nostra percezione, sfumata e non guardata. Ma i nodi vengono sempre al pettine e può succedere che gli educatori si trovino ad affrontare situazioni ed argomenti nuovi a volte complicati spesso difficili da spiegare e da spiegarsi.

Cosa deve fare, cosa può dire un educatore ad un disabile che gli confessa il suo orientamento sessuale?Come agire se ne scopri un altro a masturbarsi per di più in luogo non consono? Cosa rispondi a chi ti chiede, mentre lo aiuti a mettersi a letto: “come nascono i bambini?”

Questi sono pochi esempi di come può trovarsi spiazzato un educatore, senza parole da poter usare o comportamenti conosciuti da poter mettere in atto. La nostra consulenza in materia di sessuologia diventa quanto mai funzionale e produttiva.

Prestare una consulenza informativa ed educativa all’equipe di educatori e operatori risulta un’esperienza arricchente, di crescita e soddisfacente per le persone coinvolte.

Partendo da un momento fondamentale quale quello di sottolineare quanto la sessualità si esprime e riguarda tanti aspetti della vita e non solo l’atto sessuale in sé, proseguire facendo riflettere sui propri limiti e tabù nell’affrontare l’argomento per poi riuscire a pensare ai nostri disabili come ad individui sessuali che agiscono la loro personale sessualità. Aiutarli a mettersi di fronte al soggetto liberi da preconcetti e stereotipi, ma cercando di capire come lui esprime il proprio desiderio, la propria affettività. A comprendere ed apprendere modalità di comportamento utili a sostenerlo nel suo personale modo di essere, vivere, conoscere il suo corpo e la sua sessualità che sia espressa con le sole carezze o con la totalità dell’espressione corporea.

Per far meglio comprendere in cosa ci si può imbattere lavorando con i disabili, porto l’esempio di due donne in momenti molto differenti della loro vita e con disabilità diverse.

Il primo caso è una donna affetta da oligofrenia di 23 anni, che attraversa diversi momenti di grave abbandono dall’infanzia fino alla maggiore età a causa anche delle sue difficoltà cognitive, in quanto raggiunge livelli di capacità di pensiero di un bimbo di 10 anni. Passa da una comunità all’altra finché non raggiunge quella attuale. Dall’aspetto molto piacevole e con i sogni e desideri di una bambina, risulta estremamente faticosa da gestire. Ha imparato molto giovane che il suo bell’aspetto le può far ottenere tante cose anche se poi si rilevano fugaci e insoddisfacenti. Utilizza i Social per conoscere persone, per fidanzarsi e poter avere una sua famiglia (come racconta lei), ma incappa sempre in situazioni promiscue e a volte pericolose. Gli educatori e i servizi sociali, sempre attentissimi a tenere basso questo livello di pericolo, vorrebbero riuscire a farle capire che non è il modo giusto per trovare legami affettivi veri e duraturi. Purtroppo la sua condizione rende difficile poterla fare agire in tal senso se non con continui momenti di confronto, spiegazioni e limitazioni di utilizzo del suo cellulare (che per lei è un prolungamento di sé stessa………ha bisogno di essere sempre connessa). E’ una fatica immane, impegno giornaliero a ribadire con lei sempre le poche regole necessarie per evitare situazioni incresciose; con la speranza che con il tempo e la sicurezza che ha trovato in questa comunità possa riuscire a calmarsi e sentirsi sempre più protetta e accolta, a potersi vedere come persona nella sua interezza e non solo un bel corpo spendibile per soddisfare un bisogno immediato ma un corpo legato al suo pensiero, alla sua emotività e al suo valore per l’ambiente che la circonda.

Altro caso di una donna di 48 anni, malata psichiatrica, frequenta un centro diurno dall’età di 20 anni. Ha vissuto per la gran parte della sua vita sola con il padre che è stato molto presente e importante per lei. E’ sempre stata una ragazza affettuosa, piena di impegni e che riusciva a gestire diverse relazioni amicali e un fidanzato storico anch’esso utente del centro diurno. Da qualche mese purtroppo è molto cambiata: ha lasciato il fidanzato, non esce più con le amiche, non scrive più post sui Social e fisicamente ha assunto posture rigide e piena di tic facciali, ha difficoltà a seguire l’usuale programma di lavoro e svago del centro diurno. Sembra che l’invecchiamento progressivo del padre, i cambiamenti che si prospettano a seguito di questo e l’insorgere dei primi sintomi della menopausa, tutto ciò l’abbia ammantata di una grande angoscia, bloccandola. Gli educatori, con parenti e psichiatri di riferimento si sono prodigati per cercare di sovvertire questo sua nuova tendenza: cambiando la terapia farmacologica, accompagnandola nei vari momenti di difficoltà giornalieri e sostenendola nell’accettare anche la novità della menopausa. Non aveva chiaro il significato e il perché di questo momento della vita e avendo accanto solo il padre le colleghe educatrici sono state fondamentali in questo. Ci sono stati momenti importanti di accoglienza delle sue paure e delle sue lacune in fatto di menopausa: superare lo spavento dell’assenza delle mestruazioni, la spiegazione che questo è un evento della vita che tutte le donne devono affrontare, la paura di andare in visita ginecologica alla quale è stata accompagnata dalle stesse educatrici. Le stesse hanno espresso il dispiacere di non essere forse state all’altezza di poterle dare tante spiegazioni precise e puntuali su questo avvenimento della vita di una donna.

Per questi motivi l’intervento con una consulenza sessuologica all’equipe di educatori, attraverso lo studio di casi singoli, porterebbe ad una ulteriore e più completa chiave di lettura dell’utente disabile, facendo luce su aspetti nuovi della loro personalità a volte così scarna. Focalizzare lo sguardo su come esprimono l’affettività, su chi indirizzano i loro desideri e che mezzi e comportamenti mettono in atto per esprimersi sessualmente, tenere presente insomma la spinta vitale, il desiderio e gli istinti dei soggetti disabili può amplificare la costruzione dell’immagine e del pensiero che ci costruiamo di loro e aprire nuove strade, nuovi pensieri su nuove modalità d’intervento per gli educatori.

Bibliografia:

G. Rifelli – PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DELLA SESSUALITA’, Scione Editore Roma

D. Dettore – TRATTATO DI PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DEL COMPORTAMENTO SESSUALE Giunti Editore

G. Castelli, P. Cereda, M.E. Crotti, A. Villa – EDUCARE ALLA SESSUALITA’- PERCORSI DI EDUCAZIONE ALLA VITA AFFETTIVA E SESSUALE PER PERSONE CON DISABILITA’ INTELLETTIVA FrancoAngeli