Mattia Vada
Medico in formazione specialistica in Psichiatria
HIV: PrEPariamoci!
Le malattie veneree, o come sarebbe meglio chiamarle oggi Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST), hanno dagli albori della relazione umana inficiato, corroso e agitato la libera espressione della sessualità umana, ponendone molto spesso dei limiti e dei controlli proprio per il timore che queste potessero scaturire: Ippocrate, ad esempio, già faceva riferimento allo scolo purulento genitale, che solo nel XIX secolo si sarebbe compreso essere correlato all’infezione da Neisseria Gonorrhoeae; l’epidemia luetica che colpì l’Europa tra il XV ed il XVI secolo si comprese potesse diffondersi tramite via sessuale con rapporti intercorsi con prostitute per cui, via via, vennero emanati editti atti al loro controllo. Con l’avvento della penicillina nel 1928 pian piano questi timori andarono a de-tendersi poiché ci si arrogò il diritto e il potere di riuscire a controllarle. Ciononostante, durante la seconda metà del XX secolo e nel pieno della seconda rivoluzione sessuale quei sentimenti di cui ci si stava sempre più spogliando tornarono a rinvigorirsi. Era il 12 dicembre 1981 quando Brennan e Durack titolarono su Lancet: “GAY COMPROMISE SYNDROME”, riferendosi all’emergente sindrome che pareva colpire quasi esclusivamente persone di genere maschile ad orientamento omosessuale e che poteva portare alla morte. l’AIDS, come venne poi e più correttamente denominata, da allora iniziò a diffondersi in maniera epidemica facendo acquisire alle parole AIDS prima ed HIV poi quella connotazione ansioso-terrifica che solo una condanna a morte poteva sorbire e che vedeva nella crescente egolatria dappica che caratterizza da allora la nostra società il terreno fertile in cui radicarsi, quasi ontologicamente. Da allora sono passati più di 40 anni, la ricerca è progredita al punto che ci si è posti l’obiettivo comune tra OMS e Nazioni Unite di debellare l’infezione entro il 2030 grazie non solo alle efficaci terapie, ma soprattutto agli interventi di prevenzione.
A che punto siamo? Quanto è ancora diffusa questa malattia? Quanti tra di noi conoscono il significato delle parole PrEP e PEP?
Nel 2022 il Centro operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità, che dal 1994 effettua una stretta sorveglianza della situazione dal punto di vista epidemiologico, ha constatato 1888 nuove diagnosi di infezione da HIV (un’incidenza di circa 3.1 su 100.000 residenti) e la maggioranza di queste è attribuibile a rapporti sessuali, che costituiscono l’83,9% di tutte le segnalazioni (40,9% di maschi che fanno sesso con altri maschi; 25,1% maschi eterosessuali; 17,9% femmine eterosessuali). Senza addentrarci ulteriormente nei dettagli epidemiologici e nelle loro camaleontiche differenze su base internazionale, risulta lapalissiano quanto questa infezione veda nei rapporti sessuali con introduzione anale/vaginale ancora la sua via di trasmissione predominante. In che modo ci si può proteggere al giorno d’oggi? L’utilizzo corretto del profilattico rimane sempre la migliore scelta di barriera che si possa adottare a scopo preventivo, ma qualora questo o non venisse adottato oppure si corrompesse ci sarebbero delle alternative? La risposta fortunatamente è “Sì”. Difatti, nell’ultimo decennio è andato via via diffondendosi l’utilizzo della profilassi farmacologica atta a prevenire l’infezione in soggetti HIV-negativi sia per coloro che vorrebbero proteggersi da un potenziale rapporto a rischio, anche non protetto, sia per coloro che abbiano avuto un rapporto ad alto rischio di infezione: stiamo parlando della PrEP o Profilassi Pre-Esposizione nel primo caso e della PEP o Profilassi Post-Esposizione nel secondo.
La PrEP è un presidio farmacologico, costituito dall’associazione di due farmaci ad azione anti-retrovirale atto a prevenire l’infezione quasi al 100% tramite la corretta assunzione di una compressa prima e dopo un evento a rischio HIV, come rapporti sessuali non protetti. Esistono due modalità di assunzione che variano in funzione delle caratteristiche di genere e delle abitudini sessuali del soggetto: al bisogno oppure giornaliera. Nel primo caso rientrano tutti quei soggetti che riescano a programmare la loro vita sessuale, che siano stati assegnati Maschi alla nascita (AMAB) e che non facciano uso di estradiolo o sostanze. Chi soddisfa questi criteri può farne un utilizzo pro re nata e dovrà seguire pedissequamente il seguente schema d’assunzione: due pillole prese insieme tra le 2 e le 24 ore prima del rapporto sessuale, una pillola ogni 24 ore fino a 2 giorni dopo l’ultimo rapporto. In tutti gli altri casi, invece, è raccomandata un’assunzione giornaliera che prevede una fase iniziale della durata di 7 giorni in cui si assume una pillola al giorno prima di raggiungere una concentrazione di farmaco protettiva a livello ematico grazie a cui poter far sesso serenamente continuando ad assumere una pillola al giorno e fino altri 7 giorni dall’ultimo rapporto, qualora si decidesse di interrompere.
Qualora, invece, si fosse fatto sesso non protetto né da barriere né da PrEP con una persona HIV-positiva? In questo caso è possibile assumere la PEP. In risonanza alla profilassi pre-esposizione, la PEP è un protocollo farmacologico più articolato che può essere prescritto qualora ci sia stato un rapporto ad alto rischio di infezione entro le ultime 48-72h. Cosa significa anzitutto un rapporto ad alto rischio di infezione? In primo luogo, è essenziale che il soggetto con cui si sia fatto sesso non solo sia HIV-positivo, ma che abbia una carica virale rilevabile poiché in caso opposto il rischio di trasmissione è paragonabile ad un soggetto HIV-negativo. In secondo luogo, l’attenzione va posta sulle dinamiche del rapporto sessuale: qualunque rapporto non consensuale oppure se con consenso è a rischio qualora o non sia stato utilizzato il profilattico oppure si sia rotto. In tutti questi casi e nel rispetto del criterio temporale è possibile accedere al protocollo PEP, il quale prevede l’assunzione di tre farmaci ad azione anti-retrovirale che deve essere assunta per 28 giorni e che impedisce al virus di replicarsi all’interno dell’organismo, riducendo il rischio di contagio di circa l’80% che viene verificato al termine della profilassi.
Già da queste poche informazioni si evince l’efficacia e il potere rassicurante che questi strumenti detengono, senza però che venga assecondata l’idea per cui si possa non usare più il profilattico per proteggersi dall’HIV perché tanto c’è la PrEP o PEP. La stessa OMS durante il 23° Congresso Mondiale dell’Unione Internazionale contro le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IUSTI) ne ha ribadito l’efficacia e sollecitato un loro maggiore e più diffuso utilizzo nei vari stati membri, proprio per cercare di raggiungere l’obiettivo del 2030. Tuttavia, ha anche posto l’accento su un altro fattore: non esiste solo l’HIV nel mondo delle IST e per questo è bene ricordarsi di proteggersi sempre utilizzando correttamente il profilattico nei rapporti sessuali con introduzione vaginale e/o anale. Difatti, la provocazione (N.d.R.) viene spontanea: se nel 2030 si potrebbe arrivare a sconfiggere l’infezione da HIV, se non si rimane accorti su tutte le altre infezioni e sul loro puntuale e corretto trattamento, con l’emergere dell’antibiotico-resistenza nel 2050 potremmo doverci preoccupare nuovamente dello scolo o della lue, proprio come succedeva prima del 1928.
AIFA. «AIFA approva la rimborsabilità dei farmaci per la profilassi pre-esposiozne a HIV-1 (PrEP).» s.d. https://www.aifa.gov.it/-/aifa-approva-rimborsabilita-farmaci-per-la-prep).
Brenna RO, Durack DT. «Gay compromise syndrome.» Lancet, 1981.
Guidano, Vittorio. La complessità del Sè. Bollati Boringhieri, 1988.
Lingiardi, Vittorio. Arcipelago N. Einaudi, 2021.
MC, Barnabeo. «Le malattie a trasmissione sessuale nella Storia della Medicina.» In le infezioni in medicina, 108-112. 1998.
Regine V., Pugliese L. «AGGIORNAMENTO DELLE NUOVE DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HIV E DEI CASI DI AIDS IN ITALIA AL 31 DICEMBRE 2022.» Notiziari dell’Istituto Superiore di Sanità, 2023.
SIMT. «Linee Guida Italiane sull’utilizzo della terapia antiretrovirale e la gestione diagnotico-clinica delle eprsone con infezione HIV-1.» 2017. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2696_allegato.pdf.
Tang, Ka Wah Kelly. «Antimicrobial Resistance (AMR).» British Journal of biomedical science, 2023.
WHO. «Differentiated and simplifed pre-exposure prophilaxys for HIV prevention.» 2022. https://www.who.int/publications/i/item/9789240053694.
—. «WHO implementation tool for pre-exposure prophylaxis (PrEP) of HIV infection.» 2022. https://www.who.int/publications/i/item/9789240057425.
Morena Moretti
ostetrica
Educazione all’affettività e alla sessualità
Educare alla sessualità e all’affettività significa promuovere la conoscenza e la consapevolezza delle proprie emozioni per riconoscerle ed imparare a gestirle, attraverso lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.
E’ un approccio adeguato all’età e alla cultura riguardante le relazioni e fornisce informazioni scientificamente corrette, realistiche e non giudicanti. Offre l’opportunità sia di esplorare i propri valori e atteggiamenti, sia di sviluppare le competenze decisionali, comunicative e quelle competenze necessarie per la riduzione dei rischi.
L’educazione all’affettività e alla sessualità affronta il tema della sessualità come affettività, relazione, desiderio, rispetto, consenso e identità sessuale e non è solo un trasferimento di informazioni scientifiche.
Deve avere un approccio olistico che aiuta a far maturare nei bambini e negli adolescenti le competenze che li renderanno capaci di determinare autonomamente la propria sessualità e le proprie relazioni nelle varie fasi dello sviluppo.
I giovani devono essere sostenuti, rafforzati e messi in grado di gestire le proprie relazioni in modo responsabile, sicuro e appagante, attraverso un processo di empowerment, affinchè possano fare scelte informate e consapevoli e agire in modo responsabile verso sé stessi e gli altri.
Dalla pubertà gli adolescenti crescendo, mostrano curiosità verso la sessualità, guidati da un istinto innato, un bisogno fisiologico dovuto dall’esplosione ormonale e sul web cercano e trovano le risposte alle loro curiosità, grazie all’anonimato e alla libertà offerti.
Tra le maggiori attività svolte in rete dai ragazzi, rientra la visione di contenuti pornografici ed il Sexting, lo scambio di messaggi, immagini, video sessualmente espliciti, in alcuni casi il filmare e diffondere momenti di intimità senza il consenso dell’altra persona (revenge porn).
La pornografia, frutto della spinta naturale dell’eros umano, viene considerata dagli adolescenti un’utile strumento informativo e di esplorazione della propria sessualità, una fonte di idee e di ispirazione, favorendone una demistificazione.
Una parte enorme dei comportamenti sessuali adolescenziali si muove sulle piattaforme di messaggistica istantanea col pericolo di una diffusione senza controllo di questi materiali in rete, quindi vi è la necessità di affrontare queste tematiche con i ragazzi, per proteggerli da possibili pericoli.
Sembra emergere negli adolescenti, non solo il bisogno di vivere la propria sessualità con le regole della società di oggi, ma anche come questo si mescoli col bisogno di mostrarsi, di apparire e di essere apprezzati; molti vivono le proprie relazioni affettive sui social, a distanza, con i concetti di rapporto e di intimità praticamente annientati.
Uno degli aspetti più delicati dell’adolescenza, attorno a cui si concentrano molti interrogativi e dubbi, è spesso rappresentato proprio dalla sessualità e dall’evoluzione del proprio corpo, legato ad un cambiamento dell’immagine che si ha di sé stessi.
I contenuti proposti nell’educazione sessuale devono essere aggiornati con ciò a cui i giovani sono esposti continuamente con internet ed è necessario conoscere il punto di vista dei ragazzi e le loro reali esigenze, per fornire degli strumenti utili alla loro crescita personale, costruendo insieme l’incontro.
Oltre alle nozioni di informazione e prevenzione è necessario esplorare la definizione di sessualità e affettività, emozioni e sentimenti, la costruzione culturale dei generi, identità di genere ed orientamento sessuale.
Un’educazione sessuale inclusiva delle forme non convenzionali di sessualità e delle dinamiche sessuali presenti al di fuori dell’eterosessualità, come le identità LGBTQIA+, svolge anche un ruolo efficace nella prevenzione della violenza di genere e omofobia.
Trattare il concetto del piacere e dell’autoerotismo, l’utilizzo dei sex toys e della pornografia.
Entrare nelle relazioni e nella sessualità, nelle dinamiche racchiuse al suo interno, dell’importanza del rispetto, del consenso, parlare di controllo e di come distinguere una relazione sana da una relazione tossica o dipendenza affettiva.
Il tema della salute sessuale, intesa come stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale, non riguarda solo l’assenza di malattie della sfera sessuale, la salute sessuale e riproduttiva è un importante aspetto della crescita e dello sviluppo, in particolare in età adolescenziale, per evitare che patologie o comportamenti scorretti e dannosi possano compromettere la fertilità ed evitando conseguenze irreversibili.
Tutto ciò contribuisce alla crescita personale dei giovani anche rispetto al riconoscimento e alla gestione delle proprie emozioni, alla costruzione della propria identità per non lasciarli soli ad imparare alcune delle lezioni più importanti della loro vita.
Nell’affrontare i temi legati alla sessualità bisogna tener conto anche di tutte quelle sfumature che la circondano, perchè sessualità è relazione ed è anche affettività. Parlare della sessualità non può prescindere dal considerare quella dimensione legata al riconoscimento, comprensione e gestione dei sentimenti e delle emozioni che si sperimentano, sia nella sfera personale che interpersonale, al trovare delle modalità con cui esprimerli ed entrare in relazione con l’altro.
E’ una educazione alle relazioni, in cui insegnare a chiedersi cosa si vuole da una relazione, a chiarire le aspettative reciproche, a comunicare i propri confini e desideri, a riconoscere e gestire le proprie emozioni, influenzate da molteplici fattori, a promuovere la cura e l’amore per sé stessi e il rispetto per gli altri.
Riferimenti
http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.3100.18PDL0146570.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Educazione_sessuale
UNESCO. https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/ITGSE_en.pdf
https://www.lindipendente.online/2021/11/24/litalia-ha-un-problema-con-leducazione-sessuale/
https://www.nssgclub.com/it/lifestyle/27877/educazione-sessuale-italia
https://www.thewom.it/culture/womfactor/educazione-sessuale-scuola-petizione
http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.3100.18PDL0146570.pdf
Per approfondire consulta:
Standard per l’educazione sessuale in Europa Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA.
Normativa dell’area Salute riproduttiva anno 2023
12/12/2023 Decreto ministeriale del Ministero della Salute: Rideterminazione della composizione del Tavolo tecnico di approfondimento delle tematiche relative alla procreazione medicalmente assistita (PMA)(pdf, 0.18 Mb)
09/06/2023 DECRETO del Ministero della Salute: Tavolo tecnico di approfondimento delle tematiche concernenti gli stili di vita per favorire la fertilità(pdf, 1.27 Mb)
08/06/2023 DECRETO MINISTERIALE del Ministero della Salute: Tavolo tecnico di approfondimento delle tematiche concernenti gli stili di vita per favorire la fertilità (pdf, 0.28 Mb)
Caterina Amadori
Laurea in Psicologia – indirizzo Clinico e di Comunità; Educatore con handicap adulto presso una Cooperativa Sociale
Consulenza Sessuologica ad equipe di educatori handicap adulto
Il lavoro dell’educatore professionale con l’handicap adulto inserito in strutture residenziali e semi-residenziali, è un’esperienza che coinvolge a 360 gradi. L’educatore assiste e condivide esperienze lavorative, ricreative e di vita familiare con questo tipo di utenza.
L’equipe vede crescere i giovani ed invecchiare gli adulti, essendo presenti nelle diverse tappe evolutive e affiancandoli nello scorrere della vita quotidiana. Questo per spiegare quanto gli educatori possono arrivare a conoscere gli utenti.
Eppure si può notare che comunque, seppur stando sempre attenti ad ogni cambiamento, umore e richiesta, rimangono spesso in ombra alcuni aspetti del disabile. Per questioni che possono essere legate alla cultura, alla religione, alle abitudini, pur notando anche nella disabilità una spinta istintuale, vitale al desiderio, non si tende a soffermarsi sulla sessualità di queste persone, ma la si lascia ai lati della nostra percezione, sfumata e non guardata. Ma i nodi vengono sempre al pettine e può succedere che gli educatori si trovino ad affrontare situazioni ed argomenti nuovi a volte complicati spesso difficili da spiegare e da spiegarsi.
Cosa deve fare, cosa può dire un educatore ad un disabile che gli confessa il suo orientamento sessuale?Come agire se ne scopri un altro a masturbarsi per di più in luogo non consono? Cosa rispondi a chi ti chiede, mentre lo aiuti a mettersi a letto: “come nascono i bambini?”
Questi sono pochi esempi di come può trovarsi spiazzato un educatore, senza parole da poter usare o comportamenti conosciuti da poter mettere in atto. La nostra consulenza in materia di sessuologia diventa quanto mai funzionale e produttiva.
Prestare una consulenza informativa ed educativa all’equipe di educatori e operatori risulta un’esperienza arricchente, di crescita e soddisfacente per le persone coinvolte.
Partendo da un momento fondamentale quale quello di sottolineare quanto la sessualità si esprime e riguarda tanti aspetti della vita e non solo l’atto sessuale in sé, proseguire facendo riflettere sui propri limiti e tabù nell’affrontare l’argomento per poi riuscire a pensare ai nostri disabili come ad individui sessuali che agiscono la loro personale sessualità. Aiutarli a mettersi di fronte al soggetto liberi da preconcetti e stereotipi, ma cercando di capire come lui esprime il proprio desiderio, la propria affettività. A comprendere ed apprendere modalità di comportamento utili a sostenerlo nel suo personale modo di essere, vivere, conoscere il suo corpo e la sua sessualità che sia espressa con le sole carezze o con la totalità dell’espressione corporea.
Per far meglio comprendere in cosa ci si può imbattere lavorando con i disabili, porto l’esempio di due donne in momenti molto differenti della loro vita e con disabilità diverse.
Il primo caso è una donna affetta da oligofrenia di 23 anni, che attraversa diversi momenti di grave abbandono dall’infanzia fino alla maggiore età a causa anche delle sue difficoltà cognitive, in quanto raggiunge livelli di capacità di pensiero di un bimbo di 10 anni. Passa da una comunità all’altra finché non raggiunge quella attuale. Dall’aspetto molto piacevole e con i sogni e desideri di una bambina, risulta estremamente faticosa da gestire. Ha imparato molto giovane che il suo bell’aspetto le può far ottenere tante cose anche se poi si rilevano fugaci e insoddisfacenti. Utilizza i Social per conoscere persone, per fidanzarsi e poter avere una sua famiglia (come racconta lei), ma incappa sempre in situazioni promiscue e a volte pericolose. Gli educatori e i servizi sociali, sempre attentissimi a tenere basso questo livello di pericolo, vorrebbero riuscire a farle capire che non è il modo giusto per trovare legami affettivi veri e duraturi. Purtroppo la sua condizione rende difficile poterla fare agire in tal senso se non con continui momenti di confronto, spiegazioni e limitazioni di utilizzo del suo cellulare (che per lei è un prolungamento di sé stessa………ha bisogno di essere sempre connessa). E’ una fatica immane, impegno giornaliero a ribadire con lei sempre le poche regole necessarie per evitare situazioni incresciose; con la speranza che con il tempo e la sicurezza che ha trovato in questa comunità possa riuscire a calmarsi e sentirsi sempre più protetta e accolta, a potersi vedere come persona nella sua interezza e non solo un bel corpo spendibile per soddisfare un bisogno immediato ma un corpo legato al suo pensiero, alla sua emotività e al suo valore per l’ambiente che la circonda.
Altro caso di una donna di 48 anni, malata psichiatrica, frequenta un centro diurno dall’età di 20 anni. Ha vissuto per la gran parte della sua vita sola con il padre che è stato molto presente e importante per lei. E’ sempre stata una ragazza affettuosa, piena di impegni e che riusciva a gestire diverse relazioni amicali e un fidanzato storico anch’esso utente del centro diurno. Da qualche mese purtroppo è molto cambiata: ha lasciato il fidanzato, non esce più con le amiche, non scrive più post sui Social e fisicamente ha assunto posture rigide e piena di tic facciali, ha difficoltà a seguire l’usuale programma di lavoro e svago del centro diurno. Sembra che l’invecchiamento progressivo del padre, i cambiamenti che si prospettano a seguito di questo e l’insorgere dei primi sintomi della menopausa, tutto ciò l’abbia ammantata di una grande angoscia, bloccandola. Gli educatori, con parenti e psichiatri di riferimento si sono prodigati per cercare di sovvertire questo sua nuova tendenza: cambiando la terapia farmacologica, accompagnandola nei vari momenti di difficoltà giornalieri e sostenendola nell’accettare anche la novità della menopausa. Non aveva chiaro il significato e il perché di questo momento della vita e avendo accanto solo il padre le colleghe educatrici sono state fondamentali in questo. Ci sono stati momenti importanti di accoglienza delle sue paure e delle sue lacune in fatto di menopausa: superare lo spavento dell’assenza delle mestruazioni, la spiegazione che questo è un evento della vita che tutte le donne devono affrontare, la paura di andare in visita ginecologica alla quale è stata accompagnata dalle stesse educatrici. Le stesse hanno espresso il dispiacere di non essere forse state all’altezza di poterle dare tante spiegazioni precise e puntuali su questo avvenimento della vita di una donna.
Per questi motivi l’intervento con una consulenza sessuologica all’equipe di educatori, attraverso lo studio di casi singoli, porterebbe ad una ulteriore e più completa chiave di lettura dell’utente disabile, facendo luce su aspetti nuovi della loro personalità a volte così scarna. Focalizzare lo sguardo su come esprimono l’affettività, su chi indirizzano i loro desideri e che mezzi e comportamenti mettono in atto per esprimersi sessualmente, tenere presente insomma la spinta vitale, il desiderio e gli istinti dei soggetti disabili può amplificare la costruzione dell’immagine e del pensiero che ci costruiamo di loro e aprire nuove strade, nuovi pensieri su nuove modalità d’intervento per gli educatori.
Bibliografia:
G. Rifelli – PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DELLA SESSUALITA’, Scione Editore Roma
D. Dettore – TRATTATO DI PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DEL COMPORTAMENTO SESSUALE Giunti Editore
G. Castelli, P. Cereda, M.E. Crotti, A. Villa – EDUCARE ALLA SESSUALITA’- PERCORSI DI EDUCAZIONE ALLA VITA AFFETTIVA E SESSUALE PER PERSONE CON DISABILITA’ INTELLETTIVA FrancoAngeli