Carlotta Clavarino
Counsellor Professionista Analitico Transazionale
L’impotenza di coppia come evitamento dell’intimità – il ruolo della comunicazione.
“La comunicazione è il modo in cui le persone impiegano il loro tempo insieme risolvendo problemi, per rinforzare la relazione e spostarsi dai giochi all’intimità“
(Karpman)
Cos’è l’intimità?
Partiamo dall’etimologia. Il termine intimo (dal latino in-tumus = usato come superlativo di internus, che sta più dentro) indica sia il cuore dell’oggetto – nel nostro caso il legame (= più interiore, più profondo, più ritirato) -, sia la sua intensità nel tempo (= strettissimo, molto familiare).
L’intimità è quindi lo spazio interiore dell’affettività e della tenerezza, dell’incontro e del silenzio (Jullien).
In Analisi Transazionale l’intimità è uno dei modi di strutturare il tempo: definisce una relazione franca, libera da giochi psicologici e dallo sfruttamento reciproco (Berne), nella quale ciascuno è capace di esprimere e condividere in modo consapevole pensieri, emozioni e comportamenti nel qui e ora.
L’impotenza di coppia è un sintomo di natura sessuale – inizialmente calo del desiderio, al quale nel tempo si associano deficit erettile, eiaculazione precoce, vaginismo, dispareunia o anorgasmia – che si manifesta non sul piano organico, ma internamente alla coppia: uno o più aspetti della risposta sessuale sono compromessi, a causa dell’interferenza di componenti psicologiche relazionali.
Riguarda così intimamente la coppia, da diventare una sorta di “linguaggio segreto” (Sandri) che si attiva solo all’interno della stessa, senza intaccare eventuali relazioni con altri partner.
L’impotenza di coppia ha una funzione chiave all’interno della relazione, rappresenta la punta di un iceberg, la parte sommersa del quale rivela dinamiche disfunzionali in cui ogni partner ha un proprio ruolo e, per dirla in termini berniani, “gioca“. Il tornaconto di ogni gioco psicologico, è evitare l’intimità che, nella relazione di coppia, ha spesso a che fare anche con la sessualità, come manifestazione libera d’amore e di interesse per l’altro.
La letteratura scientifica distingue impotenze da ostilità e impotenze da alleanza.
Le impotenze da ostilità si osservano sempre in coppie con una storia già formata, nelle quali col passare del tempo l’accordo iniziale è compromesso: i partner sperimentano frustrazione per non aver trovato nell’altro una risposta adeguata ai propri bisogni e la comunicazione presenta comportamenti ostili ed aggressivi, vissuti di rabbia e spesso giochi di potere da parte di entrambi. Generalmente il sintomo è presente in uno solo dei partner, che assume il ruolo di aggressore passivo. L’ostilità può presentare un’escalation con esiti che, col passare del tempo, possono aumentare di gravità, fino a concludersi, nei casi peggiori, in un gioco “… senza esclusione di colpi, che si conclude in clinica, al tribunale o all’obitorio” (Berne)([1]).
Le impotenze da alleanza si osservano per lo più in coppie con storia giovane, il sintomo è presente in entrambi i partner e l’accordo iniziale è buono, anzi il disturbo sembra rinforzarlo. Ulteriore rinforzo può venire dal fatto che la coppia è spesso riconosciuta socialmente come solida e felice e tale maschera va preservata. Si tratta generalmente di persone che rispetto alla sessualità si presentano incerte ed inibite, che trovano partner affetti da analoghe inibizioni e che li proteggono dal prendere atto delle proprie incapacità, realizzando veri e propri complessi collusivi (Carotenuto).
A guardare con maggior attenzione il livello intrapsichico, è presente qui, una forma di auto ostilità, o autoboicottaggio, attraverso cui ciascuno mette a tacere la propria vera, profonda ed autentica individualità, per preservare la maschera. Tant’è che tale accordo si incrina quando uno dei due partner comincia ad entrare in contatto con un diverso sentire e a percepire inadeguato il vivere sessuale per ricercare un nuovo accordo: in questo caso i partner iniziano ad incolparsi a vicenda e, se non riescono a raggiungere un nuovo equilibrio, la coppia sperimenta un graduale distacco fino alla scelta di relazioni esterne o alla rottura del legame.
Apprendere l’intimità: nei meandri dei giochi di guerra e di pace, quello che ciascuno dei partner ha perso, oltre al senso della relazione, è il senso profondo della propria autenticità.
Se l’obiettivo della coppia è rimanere insieme, il setting di consulenza ci permette di lavorare su una nuova strutturazione del tempo condiviso, focalizzando i partner sulla comunicazione sana e sul problem solving (Karpman), in modo che ciascuno sia in grado di sperimentare la possibilità di esprimersi liberamente, sentendosi al sicuro.
Il punto di partenza è verificare la posizione occupata da ciascuno rispetto alla fase di sviluppo della coppia e, da qui, rispettando la circolarità della comunicazione, condurre la coppia nella chiarificazione e condivisione del problema, aiutandola a superare l’attribuzione univoca della responsabilità ad uno solo dei due partner.
Il secondo passaggio è la decontaminazione dello stato dell’io Adulto di ciascuno, attraverso interventi di chiarificazione e confrontazione, soprattutto rispetto agli scambi di svalutazioni che preludono al gioco.
Tradire questi giochi è la via che consente a ciascuno di recuperare la propria “autenticità tradita” (Carotenuto): se l’alleanza con il terapeuta è solida, ciascuno dei partner si lascerà guidare verso l’espressione spontanea dei propri bisogni, senza ricorrere a sottintesi, “non detto” e altre modalità comunicative disfunzionali e la coppia potrà imparare che “la nostra maturità coincide con l’abbandono delle difese” per rimanere “scoperti e disponibili all’esperienza che potrà essere di volta in volta gratificante o frustrante” (Carotenuto).
Bibliografia
Berne E., “Ciao!” e poi?, Bompiani, Milano, 1979
Berne E., Fare l’amore, Bompiani, Milano, 1986
Carotenuto A., Amare e tradire, Giunti Bompiani, 2021
Jullien F., Sull’intimità. Lontano dal frastuono dell’amore, Raffaello Cortina Ed., 2014.
Karpman S.B., Sex Games People Play: Intimacy blocks, Games and Script, TAJ vol 39, n. 2 April 2009.
Rifelli Gi. e Rifelli Ga., Impotenza maschile, femminile e di coppia, Scione ed. Roma, 2010.
Rifelli Gi., Psicologia e Psicopatologia della sessualità, Scione ed. Roma, 2007.
Sandri F., Il Linguaggio Segreto dell’Eros, Riza Ed., Milano, 2014.
Vinella P., Setting di coppia, in Miglionico A., Manuale di Comunicazione e Conselling, Centro Scientifico ed., Torino, 2000.
([1]) c.d. giochi di terzo grado. Nei giochi di primo grado i partner sono disposti a condividere gli esiti nella propria cerchia sociale e nei giochi di secondo grado preferirebbero non rendere pubblici gli esiti.
Modestino De Nardo
Le Disfunzioni Sessuali oltre il Genere
Questo articolo non ha la pretenziosità di creare un nuovo sistema diagnostico, ma di creare uno spazio di riflessione per i consulenti che si trovano ad affrontare disfunzioni create non tenendo conto della differenza che ci può essere tra i vari generi sessuali. Accogliere una persona che ci porta una sofferenza deve portare una connessione al sentire oltre al riconoscere l’evento genitale.
Definizione di Impotenza e Disfunzione
Il termine Disfunzione Sessuale indica un Disturbo caratterizzato da un’anomalia, clinicamente significativa, nella risposta sessuale e\o nel provare piacere sessuale. Quest’anomalia può essere causata da una patologia organica o psicologica e, diviene disturbo quando questa condizione permane per lungo tempo e caratterizzare la risposta sessuale del portatore.
Il paziente arriva portando con sé le problematicità oggettive legate alla disfunzione, il dolore e il vissuto simbolico che accompagna tutta la situazione.
Per riprendere le parole del Dott. Giorgio Rifelli “le diverse alterazioni della risposta sessuale debbano poter essere collocate dentro quadri patologici che comprendono l’insieme SomatoPsichicoRelazionale in maniera che la malattia non indichi la disfunzione ma la condizione della persona che soffre”. L’Impotenza Sessuale è una patologia dell’essere, del sentire, e non della funzione o del fare. Nell’accogliere una persona di sesso biologico femminile, che si identifica come maschile, e che porta un’Impotenza Sessuale il rischio del\la professionista potrebbe essere quello di non riconoscere la vera sofferenza dell’assistito poiché guidati da un pregiudizio. Per questo motivo, di seguito, distingueremo le Disfunzioni e Impotenze di Pene-munite\i, di Vagino-munite\i. Nello specifico parleremo di quelle categorizzazioni, del DSM-5, in cui si rischia di cader vittima di tale errore.
DSM-5
Il DSM-5 utilizza la parola Disfunzione per categorizzare l’evento genitale in funzione di una diagnosi. Alcuni criteri sono comuni a tutti i disturbi e sono:
– protrarsi per almeno 6 mesi
– causare un disagio clinicamente significativo
– non devono essere spiegati da un disturbo mentale di natura non sessuale, una condizione medica o una sostanza\farmaco
– specificare la natura dell’esordio che può essere permanente o acquisito
– chiarire se i sintomi emergano in maniera situazionale o sono generalizzati.
– specificare se la severità del disturbo è lieve, moderata o grave.
Di seguito, invece, ci soffermeremo unicamente sui criteri e le definizioni che potrebbero portare delle limitazioni:
Eiaculazione Precoce
Nel DSM-5 viene indicato il tempo di 1 minuto dopo la penetrazione VAGINALE come fattore diagnostico. C’è una nota che specifica che può essere diagnosticato anche a chi non fa sesso vaginale ma non sono stabiliti i criteri di durata. La proposta sarebbe quella di togliere la specificazione VAGINALE, la nota e di generalizzare i criteri di durata a tutti i tipi di penetrazione. Inoltre, per i non binary, si potrebbe parlare di Impotenza non riferendosi alla Mascolinità ma nei confronti del proprio corpo.
Eiaculazione Ritardata e Disfunzione Erettile
In queste due patologie, per una persona non binaria, non necessariamente c’è una sensazione di mascolinità o virilità, ma piuttosto a un senso di estraneità o disconnessione dal proprio corpo. Si tratta di un senso di impotenza che va separato dalla sofferenza che può essere sperimentata da una persona con disforia di genere, ma che può derivare da altri fattori.
Disturbo dell’Orgasmo Vaginale
Il DSM-5 riporta Disturbo dell’Orgasmo Femminile ma l’orgasmo vaginale può provarlo anche una persona che con la Femminilità sente di non aver nulla a che fare. Con la terminologia Disturbo dell’Orgasmo Vaginale si potrebbe abbattere un pregiudizio a priori del\la professionista e un sentirsi non compreso della persona assistita.
Disturbo del Dolore Genito-Pelvico e dell’Introduzione
La categorizzazione del Manuale Diagnostico potrebbe includere il dolore di un numero maggiore di persone se si riconoscesse che la coabitazione vaginale può portare sofferenza anche quando viene introdotto altro.
Nel DSM-5 abbiamo due patologie diverse per il maschio: una legata dal desiderio (Disturbo del Desiderio Ipoattivo) e una legata all’eccitazione fisiologica (Disfunzione Erettile). Mentre per la donna abbiamo un unico disturbo che unisce il desiderio (cognitivo) e l’eccitazione (fisiologico).
Nel DSM-4, invece, entrambi i generi hanno una patologia esclusiva del desiderio e una dell’eccitazione. La proposta potrebbe essere di fare un unico Disturbo del Desiderio Ipoattivo (oltre il genere): caratterizzato da persistente o ricorrente insufficienza (o assenza) di pensieri o fantasie sessuali\erotiche e di desiderio di attività sessuali.
Inoltre, secondo il DSM-5, l’eccitazione femminile sembra essere strettamente collegata al desiderio. In realtà, ricerche nel campo della sessualità femminile hanno dimostrato la netta distinzione tra Desiderio Sessuale (fantasie e pensieri), Eccitazione Mentale (sentirsi eccitati) ed Eccitazione Genitale (risposta fisiologica). Come dimostrato dallo strumento più utilizzato per indagare questi aspetti, il FSFI (Female Sexual Function Index).
Conclusioni
Questa terminologia non sarebbe adeguata e corretta a priori ma, sarebbe di sicuro più adeguata qualora la persona assistita si identificasse con un genere non binario. La necessità di categorizzare è un bisogno umano, ma la nostra professione ci ricorda quanto ognuno di noi sia moltitudine ed è proprio questa moltitudine a contraddistinguerci.
Bibliografia: