Jeff Kiesner
Ph.D. Università di Padova
Vulvodinia e la sessualità: non è “tutto nella tua testa”, ma il cervello conta.
La vulvodinia è una condizione caratterizzata dal dolore cronico vulvare, che può essere limitato a una struttura specifica della vulva (ad esempio, vestibolo o clitoride) oppure generalizzato a tutta la vulva; provocato oppure spontaneo; e può avere diverse durate nel corso della giornata (es: dolore transitorio, intermittente, continuo). La diagnosi viene fatta per esclusione; infatti, per definizione, la diagnosi di vulvodinia viene attribuita ad un dolore presente da almeno tre mesi “senza una chiara causa identificabile”, cioè senza uno stato patologico come, per esempio, un’infezione acuta, una neoplasia, oppure la sclerosi di Lichen1. La prevalenza attuale è stimata tra 4-8% con una prevalenza di vita tra 10-20%2-4.
Non inclusi in questa descrizione o nella diagnosi sono i molteplici livelli di sofferenza che sono correlati e centrali a questa condizione. Per esempio, le pazienti riportano difficoltà nella sfera sessuale5, intima/relazionale6, nel concetto di sé come donna7, e depressione e ansia8, il che è complicato da una frequente negazione del dolore da parte del personale medico/sanitario, con una frase spesso citata dalle pazienti: “è tutto nella tua testa”. Questa “accusa” è attribuibile ad una preoccupante ignoranza del personale medico/sanitario (medici e psicologici), ulteriormente “giustificata” dalla mancanza di una chiara causa identificabile. Questa erronea conclusione segue un’interpretazione e applicazione sbagliata del modello “psicosomatico”. Affrontare la confusione intorno ai modelli “psicosomatici” e discutere tutti i fattori studiati e riconosciuti come rilevanti nello sviluppo e nel mantenimento del dolore vulvare va oltre lo spazio del presente lavoro. Perciò, mi limiterò ad un singolo fattore importante nella vulvodinia: l’infiammazione, e come questa vada ad incidere nella sessualità e nel benessere psicologico delle persone affette da questa patologia.
Ad oggi, l’infiammazione è riconosciuta come aspetto comune nelle pazienti con vulvodinia, in linea con la mole di studi che dimostrano un elevato livello di mastociti e citochine pro-infiammatorie nelle zone affette dal dolore, e una conseguente neuropriliferazione9,10 che crea uno stato di ipersensibilità/iperalgesia. Tuttavia, l’effetto dell’infiammazione non si limita alla iper-innervazione e iperalgesia, in quanto è associato anche ad un insieme di cambiamenti psicologici, motivazionali, e comportamentali, quali: umore depresso, anedonia, perdita di appetito, e perdita del libido11– tutto ciò indipendentemente dal dolore effettivo. Questi cambiamenti associati all’infiammazione si chiamano “sickness behaviors” e sono stati studiati per più di trentanni11.
Il passaggio dell’infiammazione locale (ad esempio nella vulva) ai sickness behaviors dipende dalla citochina pro-infiammatoria IL-1𝛽, la quale manda segnali nervosi al cervello segnalando così la presenza dell’infiammazione; di conseguenza, viene avviata la produzione di citochine pro-infiammatorie IL-1𝛽, IL-6, e TNF-𝛼 ad-hoc nel cervello (vedi Figura 1). In altre parole, l’infiammazione viene comunicata attraverso il sistema nervoso al cervello, dove viene attivata una rappresentazione dello stato infiammatorio (nel senso letterale, non metaforico): è proprio questo stato di infiammazione, con produzione e uso locale delle citochine pro-infiammatorie, che scatena i sickness behaviors, tra cui troviamo un umore depressivo e l’abbassamento dell’libido. Come già evidenziato, questi processi sono stati studiati per decine di anni, ma mai nel campo specifico della vulvodinia. Perciò, anche se sappiamo che la vulvodinia è associata ad un’infiammazione del tessuto vulvare, e spesso ad una iper-proliferazione nervosa con corrispondente iperalgesia, siamo ancora indietro nello stabilire che i sickness behaviors sono coinvolti nell’esperienza di dolore cronico e dei cambiamenti psicologici e motivazionali nelle pazienti vulvodiniche.
In conclusione, anche se la vulvodinia è definita come un dolore vulvare cronico senza una “chiara causa identificabile”, non vuol dire che alla base non vi siano processi patologici già identificati, aventi implicazioni sullo sviluppo di difficoltà psicosessuali, come sintomi depressivi e perdita di libido. Per evitare affermazioni dannose come “è tutto nella tua testa”, è dunque importante procedere con la ricerca e simultaneamente con la formazione dei professionisti medico/sanitari, per ovviare all’ignoranza su questa patologia e all’incorretta applicazione dei modelli psicosomatici. Ad oggi, il dolore genito-pelvico viene trattato nel DSM-5, il che lo rende implicitamente un disturbo psicologico/psichiatrico, perpetuando l’idea sbagliata che il dolore sia dovuto ad una patologia psichica. Infatti, recentemente, l’ International Society for the Study of Women’s Sexual Health ha presentato una lettera alla Casa Bianca affermando che “Classification of these conditions under mental health diagnostic codes, rather than acknowledging their anatomic and physiologic roots, has done patients a great disservice.”
Bibliografia
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2Arnold, L. D., Bachmann, G. A., Rosen, R., & Rhoads, G. G. (2007). Assessment of vulvodynia symptoms in a sample of US women: a prevalence survey with a nested case control study. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 196(2), 128.e1-128.e6. https://doi.org/10.1016/j.ajog.2006.07.047
3Pukall, C. F., Goldstein, A. T., Bergeron, S., Foster, D., Stein, A., Kellogg-Spadt, S., & Bachmann, G. (2016). Vulvodynia: Definition, Prevalence, Impact, and Pathophysiological Factors. The Journal of Sexual Medicine, 13(3), 291–304. https://doi.org/10.1016/j.jsxm.2015.12.021
4Reed, B. D., Harlow, S. D., Sen, A., Legocki, L. J., Edwards, R. M., Arato, N., & Haefner, H. K. (2012). Prevalence and demographic characteristics of vulvodynia in a population-based sample. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 206(2), 170.e1-170.e9. https://doi.org/10.1016/j.ajog.2011.08.012
5Anderson, A. B., Rosen, N. O., Price, L., & Bergeron, S. (2016). Associations Between Penetration Cognitions, Genital Pain, and Sexual Well-being in Women With Provoked Vestibulodynia. The Journal of Sexual Medicine, 13(3), 444–452. https://doi.org/10.1016/j.jsxm.2015.12.024
6Smith, K. B., & Pukall, C. F. (2014). Sexual Function, Relationship Adjustment, and the Relational Impact of Pain in Male Partners of Women with Provoked Vulvar Pain. The Journal of Sexual Medicine, 11(5), 1283–1293. https://doi.org/10.1111/jsm.12484
7Marriott, C., & Thompson, A. R. (2008). Managing threats to femininity: Personal and interpersonal experience of living with vulval pain. Psychology & Health, 23(2), 243–258. https://doi.org/10.1080/14768320601168185
8Nylanderlundqvist, E., & Bergdahl, J. (2003). Vulvar Vestibulitis: Evidence of Depression and State Anxiety in Patients and Partners. Acta Dermato-Venereologica, 83(5), 369–373. https://doi.org/10.1080/00015550310003764
9Bornstein, J., Goldschmid, N., & Sabo, E. (2004). Hyperinnervation and Mast Cell Activation May Be Used as Histopathologic Diagnostic Criteria for Vulvar Vestibulitis. Gynecologic and Obstetric Investigation, 58(3), 171–178. https://doi.org/10.1159/000079663
10Mwaura, A. N., Marshall, N., Anglesio, M. S., & Yong, P. J. (2023). Neuroproliferative dyspareunia in endometriosis and vestibulodynia. Sexual Medicine Reviews, 11(4), 323–332. https://doi.org/10.1093/sxmrev/qead033
11Dantzer, R., & Kelley, K. W. (2007). Twenty years of research on cytokine-induced sickness behavior. Brain, Behavior, and Immunity, 21(2), 153–160. https://doi.org/10.1016/j.bbi.2006.09.006
Francesca Bertolina
Medico specialista in Ginecologia e Ostetricia
Disturbi sessuali femminili legati al dolore: breve approfondimento
I disturbi correlati al dolore e all’ipertono del pavimento pelvico durante i rapporti sessuali rappresentano uno dei principali problemi di salute nelle donne di tutte le età.
I disturbi del dolore sessuale, dispareunia e vaginismo, ora classificati nel DSM-5-TR come un’unica entità denominata dolore genito-pelvico/disturbo della penetrazione (GPPPD), colpiscono circa il 14-34% delle donne più giovani e il 6,5-45% delle donne anziane (Meana, 2017)
Gli attuali criteri diagnostici del DSM-5-TR per il GPPPD includono difficoltà persistenti o ricorrenti con uno o più dei seguenti elementi per almeno 6 mesi e con conseguente disagio clinicamente significativo: (1) penetrazione vaginale durante il rapporto; (2) marcato dolore vulvovaginale o pelvico durante il rapporto vaginale o i tentativi di penetrazione; (3) marcata paura o ansia riguardo al dolore vulvovaginale o pelvico in previsione, durante o come risultato della penetrazione vaginale; e (4) marcata tensione o irrigidimento dei muscoli del pavimento pelvico durante il tentativo di penetrazione vaginale (American Psychiatric Association 2022).
L’eziologia della GPPPD è multifattoriale, in quanto fattori biologici, psicologici e relazionali interagiscono per perpetuare la risposta di dolore. Quella che inizialmente potrebbe essere una reazione nocicettiva adattativa derivante da un danno tissutale periferico può gradualmente trasformarsi in dolore neuropatico e/o infiammatorio in assenza di lesioni acute (Graziottin 2017).
Infatti, uno stato di infiammazione cronica dell’epitelio vulvare porta alla iperattivazione dei mastociti, alla sensibilizzazione e alla proliferazione delle fibre nervose nocicettive dell’area con conseguente dolore e ipertonicità riflessa del pavimento pelvico (Graziottin 2014).
Le pazienti provano dolore, paura del dolore, ansia e depressione e ciò può intensificare la percezione dolorosa (Desrochers 2009) oltre che inibire il desiderio e l’eccitazione sessuale (Graziottin 2014).
In termini psicodinamici, il vaginismo è una reazione globale di paura, la penetrazione sembra ridursi ai suoi soli significati aggressivi e violenti; la donna è consapevole del pericolo fantasticato e reagisce proteggendosi, trasformandosi in una fortezza. La strategia difensiva non si avvale solo del controllo vigile e della contrazione muscolare, ma anche dell’anestesia del piacere, vissuto come un impoverimento delle difese e un’occasione di pericoloso abbandono.
La dispareunia, pur ponendosi analogamente come difesa, ha radici intrapsichiche più profonde e il dolore che può comparire in assenza di rigidità muscolari non si accompagna, soprattutto all’inizio, alla consapevolezza del pericolo. Il dolore è una sorta di sorpresa che interrompe una risposta sessuale che poteva essersi avviata anche piacevolmente. Nel vaginismo la consapevolezza del pericolo sarebbe legata alla presenza del fantasma aggressivo in aree più accessibili alla coscienza, e la risposta difensiva pur essendo più globale ed esplicita è meno radicata di quella che si manifesta attraverso il dolore nella dispareunia (Rifelli and Rifelli 2010).
Anche il contesto culturale, educativo, sociale, relazionale e fisiologico della donna possono essere fattori che contribuiscono allo sviluppo di pensieri, emozioni e comportamenti alla base del GPPPD (Perez 2016) (Goldstein 2016).
La terapia del GPPPD prevede un approccio multidisciplinare e la partecipazione di più specialisti.
La terapia medica dovrebbe porsi l’obiettivo di eliminare tutti i possibili fattori scatenanti il sintomo doloroso e inibire la trasmissione dello stimolo doloroso a livello periferico e centrale (Graziottin and Murina 2011).
La fisioterapia del pavimento pelvico, mira invece alla presa di coscienza dei muscoli che lo compongono, al trattamento dell’ipertono muscolare, all’acquisizione di tecniche per il rilassamento muscolare attraverso l’utilizzo di diverse tecniche.
L’intervento psicoterapico è invece mirato alla presa di consapevolezza delle proprie emozioni, pensieri, comportamenti e dinamiche relazionali che partecipano allo sviluppo e mantenimento della DS. In particolare, la terapia mansionale integrata (TMI) di coppia o individuale è di per sé un trattamento multidisciplinare delle DS che permette di agire contemporaneamente dal punto di vista psichico e fisico. Nel caso di DS femminili, lo psicoterapeuta e il ginecologo intervengono contemporaneamente secondo tempistiche ben definite e complementari. Il trattamento segue gli schemi delle terapie sessuali brevi fondate sul concetto di desensibilizzazione “in vivo” del riflesso di contrazione muscolare utilizzando un approccio sia corporeo che verbale (Rifelli and Moro 1995).
Date le connessioni mediche, psicologiche, relazionali e culturali con l’esperienza del dolore in ambito sessuale, un approccio multidisciplinare è ottimale per ottenere l’impatto più efficace sui sintomi, sulla soddisfazione sessuale e relazionale e sulla qualità di vita.
Works Cited
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