di Nunzia Melchiorre
L’omosessualità sembra caratterizzare la Grecia antica da cui deriva la definizione di «amor greco». Bisogna dire che le relazioni omosessuali in Grecia, dal punto di vista quantitativo, non erano poi così eccezionali. E, comunque, è in una buona metà degli uomini che si riconoscono tendenze o esperienze omosessuali più o meno regolari. Gli storici dell’Antichità, tuttavia, non sono riusciti a far coesistere l’ammirazione per la civiltà greca con la dichiarata repulsione per una pratica ritenuta degradante. Ed è impossibile ignorare che di fronte a dieci testimonianze di disapprovazione di un «vizioso» se ne possano citare altre in gloria dei bei ragazzi e dei loro amanti. Ce ne sono diversi di bei nomi della politica, della filosofia e delle arti che si sono lasciati vivere qualche avventura omosessuale, così come accade nei giorni nostri. Sparta e Creta, città-stato, avevano fatto dell’omosessualità un’istituzione riconosciuta.
Bisogna credere che in Grecia, definita «un paradiso gay », l’omosessualità sarebbe stata non solo tollerata, ma anche regolamentata dalle leggi. Fatto sta che l’omosessualità era un dato comune nelle relazioni sociali. Ed è proprio questo che divide gli storici: perversione consentita, istituzione pedagogica, rituale iniziatico? E’ ampia la documentazione che segnala la frequenza dei rapporti omosessuali nella Grecia antica. Numerosi testi di ogni genere ( testi filosofici, epigrammi, biografie, narrazioni etnografiche, ecc. ecc. ), numerosi dipinti sui vasi, a volte, sulle tombe, attestano quanto fossero reali e comuni questi rapporti d’amore. Il banchetto era il luogo ideale per i tentativi di seduzione degli amanti. Un uomo adulto tenta di accarezzare il suo più giovane compagno di letto, un altro tintilla col piede il sesso del suo vicino, un altro, ancora, afferra il pene del giovane che gli accarezza la testa. Queste rappresentazioni sono, per lo più, ambientate nelle palestre o nei ginnasi. In mezzo ad atleti giovani nudi, compaiono uomini adulti con la barba che giocano al cacciatore; chi accarezza il mento, chi le natiche o il pene di un adolescente, che non sempre respinge le carezze. Si protende in avanti ed abbraccia il suo seduttore, prima di dedicarsi con lui ad un rapporto sessuale più spinto. I vasi, generalmente, mostrano un coito intercrurale ( tra le cosce ), frontale, ma i testi provano che veniva praticata la sodomia. Solone, grande riformatore ateniese del VI secolo a C., considerava una ricchezza la possibilità di «godere, all’occorrenza, delle giovani grazie di un ragazzo o di una donna..» Anacreonte, mezzo secolo più tardi, così brindava : «Bevi amico mio, alla salute delle cosce delicate e morbide» di un ragazzo.
Viene attribuita, al suo contemporaneo Teognide di Megara una vera e propria collezione di poemi pederastici, che potrebbero figurare come didascalie sui vasi : «ragazzo, finchè avrai le guance lisce, non smetterò di accarezzarti, dovessi morirne.» «felice l’innamorato che frequenta il ginnasio e , tornato a casa, dorme tutto il giorno con un bel giovane..» Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, attingendo dall’ambiente socratico e platonico, alla fine del V secolo e gli inizi del IV a.C. Nella stessa epoca si elaborano le biografie, più o meno romanzate, di grandi uomini del passato, di politici,scultori, filosofi, scrittori, a cui venivano attribuite avventure omosessuali : da Solone ad Alessandro Magno, Sofocle, Pisistrato, Socrate, Platone e tutti i re Macedoni,; a salvarsi sono pochi.
Gli aneddoti di omosessualità raccontati su di essi, più che offuscare la reputazione dei protagonisti, la rinforzava.
Questi amori erano particolarmente, in auge negli ambienti “nobili”. Ma gli stessi contadini, messi in scena da Aristofane, si gingillano stuzzicando un piccolo schiavo o ammirando il sesso degli efebi. Ma, accanto a queste testimonianze che esprimono un giudizio positivo delle relazioni omosessuali, non mancano condanne di alcuni omosessuali travestiti, prostituti, effeminati…
Nelle orazioni del IV secolo a.C. troviamo frequenti accuse lanciate contro l’avversario che si vuole screditare : è una testimonianza questa che una certa omosessualità non godeva né di un giudizio favorevole né di semplice tolleranza. Possiamo dire che nella Grecia antica c’erano due atteggiamenti sull’omosessualità: l’uno, quello di certi ambienti privilegiati, e l’altro, quello popolare che la denuncia come vizio insopportabile.
Va precisato che l’omosessualità non veniva punita più severamente dell’eterosessualità. Nelle leggi ateniesi sulla violenza sessuale, le pene previste sono le stesse sia per chi stupra un ragazzo sia chi violenta una donna.
Questa equivalenza giuridica tra comportamenti sessuali, poggia sul fatto che per i Greci ogni individuo può essere, di volta in volta, omosessuale ed eterosessuale.
Tant’è che a nessuno verrebbe in mente di classificare gli individui come «omosessuali » perché cercano avventure maschili: nella maggior parte dei casi sono persone sposate, hanno figli e, se necessario, oltre alla moglie, hanno rapporti con una concubina o con prostitute. Questa vita sessuale viene vissuta per lo più sotto silenzio, salvo quando si creano degli eccessi e viene alla luce. Insomma era come se un adulto vivesse una vita sessuale a due facce: una privata con le donne, tenuta con grande discrezione; l’altra pubblica con i ragazzi oggetto di attenzioni e riferita nei minimi particolari. E’ proprio questa faccia che crea prestigio sociale e grande reputazione, come ci dimostra Aristofane in un brano della sua opera- UCCELLI- (versi 137-142 ) in cui l’eroe dichiara: «Mi piacerebbe una città in cui il padre di un bel ragazzo mi fermasse per strada per rimproverarmi con aria seccata : «ne combini delle belle tu a mio figlio, fanfarone! Lo incontri che esce ancora tutto sudato dal ginnasio, e non un bacio, un complimento, un abbraccio! Non gli hai nemmeno accarezzato i testicoli, tu, un amico di famiglia!» Il giovane che viene rifiutato si gioca la sua reputazione e quella del padre. Malgrado le apparenze non ci troviamo di fronte ad una società permissiva in cui conti solo la volontà dell’individuo. L’omosessualità, comunque, è, secondo i casi, a volte, ammirata e invidiata, altre è profondamente disapprovata. Se ne riconoscono in Grecia tre tipologie : a Creta, la sua variante pederastica viene considerata una pratica necessaria dei riti di passaggio dei giovani alla fase adulta, però regolamentata.
In altre città, come per esempio ad Atene, la pederastia è apprezzata e priva di una condizione legale. Infine l’omosessuale, specialmente adulto, se si prostituisce, viene condannato, se si tratta soprattutto di un cittadino. A Creta, a Sparta, e forse anche in altre città, la pederastia( legame tra ragazzi ed adulti ) va al di là di una semplice relazione sessuale poiché si inserisce in un contesto ideologico e sociale. Pederastia e riti dell’adolescenza procedono di pari passo.
Il caso cretese è quello più noto. Lo storico Eforo di Cuma, IV sec.a. C., ci segnala come i costumi sessuali obbedissero a delle regole ben precise.
La scelta degli amanti teneva conto del rango sociale e il tutto trovava approvazione dall’ambiente di appartenenza: i doni che la legge stessa imponeva, l’equipaggiamento, l’ospitalità in campagna, la presenza degli amici, ecc. ecc. La passione amorosa, pur se importante, doveva cedere alla priorità dei riti e degli obblighi sociali e legali. Chi non ha un amante è disonorato, mentre viene insignito del titolo di «glorioso » il giovane rapito per divenire l’amante prescelto. Il rapporto fra gli amanti non è di semplice cameratismo, ma è l’alta espressione del desiderio sessuale e fa parte, comunque, del rito iniziatico. Non ci sono testimonianze per quanto riguarda Sparta, ma «i giovani che godevano di buona reputazione trovano affezionati amanti » ( da Plutarco – vita di Licurgo e Senofonte- Costituzione degli Spartani… ), che erano responsabili della loro educazione nel bene e nel male. Si deduce da tali imprecise notizie, che l’iniziazione dei giovani era basata sulla pederastia.
Le coppie che si formavano sono riconosciute dalla legge e controllate. Ciò a Creta e a Sparta e forse in altre città-stato, ma ad Atene sembra non esserci alcuna testimonianza che associ i riti dell’adolescenza alla rappresentazione di coppie omosessuali. Ciò è strano poiché anche ad Atene le antiche pratiche iniziatiche le ritroviamo nelle cerimonie e nei riti sia per i fanciulli sia per le fanciulle.
La pratica pederastica sopravvive nelle classi più ricche fino alla fine del V sec.« il giovane privo di amante si gioca la reputazione…» (Eforo) Nella -Repubblica -di Platone, la pederastia, in nome della pedagogia , si giustifica come pratica iniziatica comune a tutti i Greci. Secondo Marrov ( Storia dell’educazione nell’antichità. ) « … un dato ambiente di uomini tende a racchiudersi in se stesso..», cioè la pederastia sarebbe, innanzitutto, «un cameratismo tra guerrieri,… il risultato di una costante promiscuità aggravata dalla pratica della nudità.»
Il cameratismo tra guerrieri in Grecia, e altrove, è chiaro che è esistito, favorito dall’irrigimentazione quasi permanente, per es. a Sparta, a Tebe, dove la fanteria sacra dei Tebani era formata da coppie di amanti.
Ebulo, un poeta comico del IV sec, ci mostra gli effetti grotteschi durante la guerra di Troia durata dieci anni: « … Non c’era una sola prostituta; per dieci anni questi guerrieri si presero tra di loro. Fu una ben trista campagna bellica; per prendere una città, essi se ne tornarono a casa con dei deretani ben più larghi (delle porte) della città che avevano conquistato.» (frammento 120 )
Né l’ironia dei comici né l’esempio tebano possono mascherare la quotidianità in Sparta, a Creta, ad Atene e in altre città-stato. Tutti gli amanti dei giovani sono uomini sposati che ogni sera tornano a casa dalla loro famiglia….