di Giancarlo Balercia e Melissa Cutini
La disfunzione erettile è l’incapacità di raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente per un rapporto sessuale soddisfacente. Può comparire in tutte le decadi di vita, per alcuni uomini può essere un problema occasionale, per altri un problema frequente. È importante sottolineare che avere una disfunzione erettile non significa non essere capaci di avere un orgasmo o un’eiaculazione o non essere fertili.
Per capire i molteplici meccanismi patogenetici responsabili della disfunzione è ben fare una riflessione sulle basi anatomofisiologiche responsabili dell’erezione stessa. Il pene è essenzialmente costituito da tre colonne di tessuto erettile: i due corpi cavernosi ed, inferiormente ad essi, il corpo spongioso. Il tessuto erettile è costituito da una complessa rete vascolare sinusoidale supportata da tessuto fibrillare elastico che, in erezione, può essere allungato fino a quattro volte rispetto alla condizione basale. I corpi cavernosi sono avvolti da una membrana fibrosa, detta albuginea, la cui inestensibilità è fondamentale per il raggiungimento della rigidità peniena. Durante l’eccitazione sessuale, vi è un iperafflusso di sangue arterioso ed un blocco del deflusso venoso tale da riempire di sangue il sistema vascolare sinusoidale. Tramite un sistema di “microsfinteri” vascolari il sangue arterioso viene “intrappolato” all’interno del tessuto erettile, determinando quindi l’erezione peniena; in seguito, il rilasciamento degli sfinteri venosi determinerà il deflusso di sangue dalle strutture erettili, quindi la loro detumescenza ed il ritorno del pene allo stato di flaccidità. È importante sottolineare come alla base del meccanismo erettivo vi sia una stretta sinergia tra il sistema nervoso centrale (dove nasce il desiderio attraverso le sensazioni visive, tattili, olfattive e psicogene) ed il sistema vascolare, previa integrità dello stesso e delle vie nervose periferiche ed un adeguato ambiente ormonale.
Un qualsiasi fattore perturbativo (neurologico, vascolare, ormonale, metabolico, psicogeno), agente su uno o più meccanismi implicati, può provocare disturbi dell’erezione. È inevitabile che con l’invecchiamento vi sia una progressiva perdita di efficacia dei sofisticati sistemi che inducono l’erezione, tuttavia, vi sono una serie di fattori di rischio che, a prescindere dall’età, si associano alla disfunzione erettile. Schematicamente le cause della disfunzione erettile possono essere divise in organiche e psicogene.
Fra le prime ricordiamo: malattie vascolari e cardiovascolari (es. cardiopatia ischemica) e fattori di rischio ad esse correlate come ipertensione arteriosa e dislipidemie, diabete mellito, obesità, sedentarietà, fumo, abuso cronico di alcol e droghe; alcune classi di farmaci di comune uso psichiatrico o internistico, patologie neurologiche e psichiatriche, interventi chirurgici e radioterapici sulla pelvi (es. la prostatectomia radicale ne è la causa più frequente) e patologie internistiche (es. insufficienza renale ed epatopatie).
Tra i fattori psicogeni, rientrano principalmente le situazioni di ansia e/o depressione, problemi di coppia di tipo relazionale e di ansia da prestazione. Spesso tuttavia le cause sono miste infatti una componente psicogena negativa si può instaurare nel paziente con disfunzione erettile, indipendentemente dal fatto che la causa iniziale sia organica.
Risulta perciò fondamentale un corretto inquadramento diagnostico e la prima visita dall’Andrologo Medico (Endocrinologo-Andrologo) dovrà fondarsi su un’accurata anamnesi generale e sessuologica, su un esame obiettivo generale e dell’apparato genitale, su accertamenti laboratoristici di I livello per valutare i principali parametri metabolici ed ormonali e su esame strumentale ecografico della regione genitale.
Se dagli accertamenti di I livello emergono cause organiche (es. diabete, ipertensione, vasculopatie, o endocrinopatie), il paziente è avviato sia ad una terapia eziologica specifica e, se necessario, all’eventuale approfondimento diagnostico di II livello per la disfunzione erettile come per esempio la valutazione vascolare peniena all’eco-Color Doppler prima e dopo iniezione intracavernosa di sostanze vasoattive (PGE1) ed infine, eventualmente, ad una terapia specifica. Se invece dagli accertamenti diagnostici di I livello emerge una preponderante componente primitiva psicogena, si potrà prendere in considerazione una terapia sessuale individuale o/e di coppia.
La terapia farmacologica più utilizzata è costituita dagli inibitori della PDE-5 (5-fosfodiesterasi). Tali farmaci agiscono inibendo l’enzima che degrada il GMP ciclico mantenendo il rilassamento della muscolatura liscia dei corpi cavernosi e quindi l’erezione.
Tali farmaci agiscono purché siano conservate le normali procedure innescanti l’erezione stessa (desiderio sessuale, preliminari, ecc.), oltre ad un adeguato ambiente androgenico, pena un alto rischio di insuccesso in caso di somministrazione degli inibitori della PDE5. In caso di inefficacia della terapia orale o di impossibilità all’utilizzo della stessa, l’alternativa terapeutica è la somministrazione intracavernosa di Prostaglandina E1 che provoca l’erezione tramite l’attivazione dell’AMP ciclico. Il suo utilizzo richiede tuttavia un addestramento specifico del paziente circa le modalità di iniezione e l’ottimizzazione personale del dosaggio, pena l’inefficacia o la comparsa di erezioni eccessivamente prolungate e dolorose (priapismo).
Va sottolineato come l’approccio farmacologico sia di competenza specialistica dell’Andrologo Medico che sarà attento a non incentivarlo oltre il necessario, dato il potenziale rischio di innescare una sorta di farmaco-dipendenza psicogena nel paziente stesso.
In conclusione, il miglior presidio terapeutico per la disfunzione erettile si basa su un corretto inquadramento diagnostico globale del disturbo ed una strategia terapeutica personalizzata elaborati da uno specialista andrologo sulla base dei dati clinici, laboratoristici e strumentali ottenuti da appropriato iter diagnostico.