05 - 11 - 2019

Di Giada Mondini*

Potremmo dire che di Dipendenze Affettive ce ne sono due: la prima Dipendenza, che è di tutti, e una seconda Dipendenza invece, che appartiene ad alcuni.

La prima a cui mi riferisco – quella di tutti – ci viene raccontata dal Leopardi:

“Nasce l’uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell’esser nato”.

Questa Dipendenza, che è all’origine stessa della vita, è al tempo stesso Biologica ed Emotivo-Affettiva: un dolore che non ha niente a che fare con la Patologia. Quando le cose procedono con sufficiente sanità, non tarderà a comparire il sorriso sul volto del neonato, grato perla sazietà, il calore e l’amore. Possiamo considerare quella stagione primigenia come modello della Dipendenza Sana.

Ma, purtroppo, non sempre le cose procedono per il “verso” … giusto: seguendo il verso del Leopardi, appunto. La Clinica infatti, ma indirettamente anche il Poeta, ci mostrano quanta infelicità e sofferenza possa derivare dalla insufficiente quota di consolazione dell’essere nati, ed è su questo crocevia che la Dipendenza Fisiologica del cucciolo umano può rendersi in futuro Patologica. Mentre la prima indirizza verso la libertà e l’autonomia, la seconda, genera un ampio ventaglio di sintomi, accomunati da vissuti di angoscia, disperazione e sfiducia. A volte anche di una tale rabbia, che, in alcune condizioni di psicopatologia, può sfociare nella violenza, in genere, auto-inflitta.

Nella psicopatologia adulta, possiamo parlare di Dipendenza Affettiva Patologica quando le condizioni relazionali oggettive non siano state sufficientemente competenti a garantire la continuità degli affetti che fungono da nutrimento per il Sé; una continuità degli affetti che contribuisce a creare, nel tempo, una base sicura: un’identità sempre più solida. Ecco l’autonomia. Per contro, troviamo invece un vuoto, un vuoto angosciante e l’inconscia speranza che possa essere colmato, prima o poi, da qualcuno: ecco la continua ricerca dell’Altro.

Rispetto a quanto scritto, la Dipendenza Affettiva Patologica non va intesa come di origine esclusivamente ambientale: sappiamo che c’è sempre una multifattorialità alla base della psicologia e della psicopatologia. L’attenzione viene qui rivolta ai fattori ambientali e a come essi, insieme agli altri fattori che sempre concorrono, possano aver contribuito in parte, a determinare quel crocevia sopra descritto.

Leopardi prosegue così:

“Poi che crescendo viene,
L’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell’umano stato […]”

Nel crocevia, quando il “verso” è quello giusto, Leopardiano dunque s’intende, comincia a prender forma quel processo di costruzione e consolidamento dell’Identità, nel quale “L’uno e l’altro si sostiene”, ed è in quella reciprocità dell’incontro che si cresce. “Con atti e con parole” che donano nutrimento, perché dal “core” provengono e al “core” arrivano e così via … in questo modo, proprio così, nel tempo … il “core” riempiono.


*Psicologa e Psicoterapeuta. Didatta e Supervisore del Centro Italiano di Sessuologia. Servizio di Sessuologia Clinica, Dip.to di Psicologia, Università di Bologna.