L’attività sessuale consiste nella tumescenza, nella contrectazione, nella amplectazione, nel congiungimento o fase congiuntivale, e quindi nella immissione e ricezione, nella confricazione, nell’orgasmo, nella distillazione (donna!) od eiaculazione (uomo!), nella deturgescenza vascolare e deplezione psichica, nell’estasi detumescenziale…
Raccontata così l’attività sessuale sembra appartenere ad altri mondi, ad altri popoli o a qualche specie di insetto dal nome altrettanto oscuro e preoccupante. Possiamo immaginare che se un malcapitato neofita volesse apprendere da quelle parole cosa succede a far l’amore, non si azzarderebbe certo ad avventurarsi in una simile esperienza per non rischiare di rimanere a metà percorso bloccato fra l’ amplectazione e la fase congiuntivale o per non trovarsi costretto da qualche errore, reso possibile dalla novità, ad andare dalla confricazione alla deturgescenza e quindi dalla deturgescenza alla confricazione rimanendo vittima di un drammatico e inarrestabile girotondo dal quale, se non per lo spavento senz’altro per la noia, solo la morte potrebbe liberarlo.
Noi scherziamo, ma a detta di alcuni tecnici del settore la attività sessuale è proprio quella descritta e il sesso è qualcosa di ancora più complicato per cui possiamo comprendere come è possibile che non se ne voglia occupare nessuno, o meglio che ci si viva dentro e lo si voglia ignorare lasciando solo ad alcuni, non proprio malati, forse solo un po’ fissati, il compito di analizzare, nominare classificare, spiegare.
Il sesso e coloro che se ne occupano sono facilmente guardati dagli altri professionisti (medici o psicologi o comunque operatori della salute) con sospetto, circospezione e anche con scarsa considerazione. Costoro sembrano manifestare il timore di un contagio venefico (verrebbe da scrivere venereo!) e se un tempo non si curavano di esprimere apertamente la riprovazione morale per chi aveva simili interessi, oggi che si teme la qualifica di represso, molti sorridono distratti, ammiccando come se si trattasse di un argomento da vaudeville, chi vuole apparire cordiale invece si mostra disponibile alla battuta scherzosa e ha pronta una qualche storiella piccante, mentre altri si sentono autorizzati ad entrare in confidenza perché, dicono, “fra colleghi…” e fanno osservazioni ironiche e salaci che alludono alle presunte gioie della professione del sessuologo.
A fronte di un interlocutore che per il timore di essere in qualche maniera messo in difficoltà da quello stesso sesso che nonostante tutto si porta addosso, squalifica e ironizza, l’addetto può stare al gioco rassegnato, ma a volte per difendere e mantenere la propria dignità professionale ricorre ad un lessico di difficile interpretazione. L’incontro risulta comunque inutile per uno e frustrante per l’altro, una occasione mancata per capirsi e migliorarsi. In verità i neologismi e le astruse allocuzioni per cui il desiderio di abbracciare diventa la amplectazione, la serenità che segue al coito viene detta estasi detumescenziale e, per aggiungerne un’altra, la masturbazione è chiamata ipsazione cheiroerastica, le troviamo nella letteratura specialistica, ma esse rappresentano solo l’esasperazione di un comunicare che non consente di comprendersi.
Il sesso, e non solo chi ne ha fatto oggetto di professione, rimane così escluso dalle altre attività cliniche, preventive ed educative. Il medico e lo psicologo continueranno ad operare come se la dimensione sessuale non facesse parte della storia dei propri assistiti, ignorando i disagi e quindi le reali possibilità terapeutiche oppure banalizzando con il prescrivere frettolosamente qualche pillola dai millantati effetti miracolosi.
Marzo/Aprile 1999 –Anno VII- n° 2
In “Frammenti di Sesso” CIC, 2005