07 - 06 - 2023

ANNA BUSONERA
Psicologa Clinica, Consulente sessuale

IDENTITA’ DI GENERE E RAPPORTO GENITORI/FIGLI

I cambiamenti che si stanno manifestando rispetto al superamento del concetto classico di binarismo sessuale, soprattutto nella popolazione di adolescent*, comportano la necessità di un’evoluzione di visione anche da parte dei genitori, che devono essere pronti a saper rispondere a domande e curiosità dei/le ragazz* rispetto all’identità di genere, in un momento in cui questa si sta strutturando. Il benessere psicologico dei/le ragazz* che presentano vissuti di disforia di genere è inversamente correlato all’intensità dell’intolleranza sociale percepita. Le pressioni da parte della società possono manifestarsi come fattori di rischio per l’insorgenza di ansia, depressione, ideazione suicidaria, autolesionismo, abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare. Rispetto agli ultimi anni, non solo è stato riscontrato un aumento di richieste di presa in carico di ragazz* che vivono tali vissuti, ma anche l’età media si sta abbassando.

È importante che gli adulti siano informati e aggiornati sulla definizione di concetti come “gender fluid”, “identità di genere”, “disforia di genere”. In particolar modo, è utile che siano consapevoli di avere un ruolo importante come facilitatori di inclusione e accettazione degli stessi nella famiglia, nel gruppo classe o tra i pari. I pregiudizi dei genitori rispetto alla tematica dell’identità possono influenzare la salute fisica e psichica dei/le ragazz*. È opportuno aiutare gli adulti a sapersi ascoltare, saper analizzare quelle che sono le proprie opinioni, l’origine delle stesse, valutando se possono creare dei rischi per il/la ragazz*. Non esistono “veri maschi”, “vere femmine”: i/le ragazz*, a loro volta, potrebbero pensare di non essere adeguati per i genitori e di non andare bene così come sono.

Allo stesso modo, risulta necessario accogliere le richieste e i bisogni espressi dai figli perché permette loro di cominciare a vivere una vita serena fatta di inclusione e accettazione, evitando di reprimere o minimizzare le loro preferenze di genere. I/le ragazz*assorbono i vissuti che provano i genitori: se esistono sentimenti di vergogna, allora la percepiranno, insieme a vissuti di colpa verso l’adulto.

Un altro punto miliare è sicuramente favorire la comprensione rispetto alla differenza tra la naturale esplorazione dei ruoli di genere e la sofferenza causata dall’incongruenza della sua identità con il sesso biologico. È importante sottolineare come alcuni comportamenti non siano da attenzionare; spesso e volentieri il/la ragazz* li mette in atto con serenità, senza un pensiero particolare dietro quell’azione. È più utile che l’adulto si metta nei panni del/la ragazz* e, senza pregiudizi, osservi l’intensità, la connotazione emotiva, la qualità dell’esperienza che sta facendo. Risulta ben importante quindi spiegare ai genitori la differenza tra identità di genere (percezione che il/la ragazz* ha di sé) ed espressione di genere (modo in cui si sceglie di mostrarsi davanti agli altri, attraverso gli hobby, l’abbigliamento, etc) e sapere che i due concetti spesso non corrispondono. È necessario trasmettere agli adulti che la varianza di genere non è causata da un errore nel modo di crescere il/la figli* o da un’educazione troppo permissiva: i comportamenti sono da considerarsi semplicemente come la naturale espressione della variabilità umana, che va accolta come una risorsa e non come un problema.

Le sensazioni di disorientamento e confusione che gli adulti provano possono anche essere generate da concetti che da sempre sono stati assodati come veri e giusti: si è maschio o femmina in base ai genitali con i quali si nasce. Creare solo questa rappresentazione binaria non porta rispetto anche per chi, ad esempio, è una combinazione tra i due generi per una questione cromosomica. È meglio quindi non dire “se hai il pene sei maschio”, “se hai la vagina sei femmina” perché porterebbe a creare, già da bambin*, delle convinzioni erronee. Ehrensaft scrive:“È la mente, il cervello a dirci ci siamo: un maschio, una femmina, o una via di mezzo”. Una cosa importante da ricordare è quella di limitare il più possibile frasi e concetti che possano richiamare degli stereotipi sociali tipici nei/le ragazz*: “i maschi non piangono”, “il rosa è un colore per le femmine”. Ad esempio, la distinzione di genere rispetto al colore è solo una trovata pubblicitaria. L’utilizzo di stereotipi di genere determina la creazione di un ambiente rigido, fatto di regole precise, che creano una realtà che non lascia spazio all’individualità.

Data l’importanza di stimolare la creazione di una cultura inclusiva, negli ultimi anni sono nate nel territorio italiano diverse realtà come “Genderlens”, associazione che crea rete tra i genitori di bambin* gender creative. Gli adulti trovano qui un luogo sicuro e confortevole dove è possibile scambiare opinioni ed esperienze, facendo luce sulla complessità del “genere” come parte di qualsiasi esperienza umana. Genderlens cita: “Parlare di varianza di genere può includere molte esperienze differenti, ognuna delle quali è legittima per il semplice fatto di essere vissuta”.

Alla luce di quanto detto, dare ai genitori supporto e informazioni risulta sicuramente un passo utile affinché si crei maggiore consapevolezza sull’importanza di un’educazione all’autenticità, con tutte le sue complicanze e difficoltà.

 
Bibliografia:

  • De Vries, A. L., Steensma, T. D., Doreleijers, T. A., & Cohen‐Kettenis, P. T. (2011). Puberty suppression in adolescents with gender identity disorder: A prospective follow‐up study. The Journal of Sexual Medicine, 8(8), 2276-2283.
  • De Vries, A. L., Klink, D., & Cohen-Kettenis, P. T. (2016). What the primary care pediatrician needs to know about gender incongruence and gender dysphoria in children and adolescents. Pediatric Clinics, 63(6), 1121-1135.
  • Ehrensaft, D. (2016). The Gender Creative Child. New York: The Experiment.
  • Johns, M. M., Beltran, O., Amstrong, H. L., Jayne, P. E., & Barrios, L. C. (2018). Protective factors among transgender and gender varinat youth: A systematic review by socioecological level. The journal of primary prevention, 39 (3), 263-301
  • Steensma, T. D., Zucker, K. J., Kreukels, B. P., VanderLaan, D. P., Wood, H., Fuentes, A., & Cohen-Kettenis, P. T. (2014). Behavioral and emotional problems on the Teacher’s Report Form: A cross-national, cross-clinic comparative analysis of gender dysphoric children and adolescents. Journal of abnormal child psychology, 42, 635-647.
  • Tornese, G., Di Grazia, M., Roia, A., Morini, G., Cosentini, D., Carrozzi, M., & Ventura, A. (2016). Disforia di genere e dintorni. Medico e bambino, (7), 437-444
  • Wood, H., Sasaki, S., Bradley, S. J., Singh, D., Fantus, S., Owen-Anderson, A., Di Giacomo, A., Bain, J., & Zucker, K. J. (2013). Patterns of referral to a gender identity service for children and adolescents (1976- 2011): Age, sex ratio, and sexual orientation. Journal of Sex and Marital Therapy, 39 (1), 1-6.

Sitografia:
https://www.genderlens.org/
https://www.mediterraneaonline.eu/educazione-alla-differenza-di-genere-nella-scuola-dellinfanzia/
https://it.mashable.com/social-good/1460/come-si-parla-di-genere-ai-bambini
https://antonioprunas.it/genitori-di-bambini-e-adolescenti-transgender/