08 - 06 - 2017

di Giada Mondini

Il nome e la pratica a cui ci si riferisce, sembra nascere da un abuso lessicale: AM–ORE e AM–ICIZIA sono evidentemente parenti. Rinunciando ad ogni pretesa di giudizio morale non richiesto, potremmo avanzare perlomeno il sospetto di un rischio che, i “Trombamici” e le “Trombamiche” abbiamo avuto qualche delusione, vuoi dalla amicizia o vuoi dall’amore, comunemente intese. Il lessico, a dir poco inelegante che pretende di onorare, non senza fatica, il verbo “Trombare”, autorizza qualche sospetto di difficoltà di felicità, collegabile con un’incauta estensione del consumismo.

In effetti, vale la pena di non dimenticare che il “TROMBAGGIO” e l’AMICIZIA, rischiano di diluirsi a vicenda in maniera impropria, come mescolare l’aranciata e il buon vino. L’amicizia degna del nome, non ha alcuna necessità di rendersi carnale, né la carnalità amorosa si giova della fatale diluizione dell’amicizia. Quante volte abbiamo sentito ragazzi segretamente innamorati di una ragazza – e viceversa -, la quale però lo tratta amorevolmente come il suo migliore amico, quasi fraterno; in questo caso, la cosìddetta “trombamicizia” acquisterebbe simbolicamente gli umori dell’incesto. In realtà, l’amore può ospitare movimenti di ODIO e viceversa, anche l’odio, può ospitare l’AMORE. Catullo narrava:” ODI ET AMO …

“Possiamo quindi chiederci:” Trombamicizia” o “Amicizia Trombata”?

La diffusione del fenomeno nel costume, non è garante né di bellezza, né di verità, né di felicità. Fatta salva ben inteso, la libertà e la felicità di ciascuno e di tutti. Nella Russia, fresca di rivoluzione, c’era una sorta d’improvvisa liberazione sessuale e Lenin, per facilitare la cosa, paragonò il fare l’amore al bere un bicchier d’acqua, dicendo:” Se hai sete, bevi!”. Ma l’amore non è come bere un bicchier d’acqua … E poi l’acqua, è disponibile ovunque e per tutti.

È un po’ così la “Tombamicizia” … Una diluizione, un vino annacquato o come dicevano i contadini, “un mezzo vino”. Di fatto, un tempo, finita la svinatura, c’era l’abitudine di versare nel tino una quantità d’acqua, pari alla quantità di vino. Dopo una settimana, veniva estratto questo debitamente chiamato, “mezzo vino”. Quello buono, veniva imbottigliato, degustato e riservato alle occasioni, il “mezzo vino” invece, veniva usato come dissetante, bevuto in campagna sotto il sole.

Gli anziani contadini infatti, raccontano che di quella qualità di vino, se ne poteva bere quanto se ne voleva, “che non dava alla testa”… Si potrebbe aggiungere alla saggezza contadina, che il “mezzo vino, non dà alla testa… Né nel bene e né nel male”…

A questo punto, credo che ne valga la pena di riflettere sulla saggia domanda che Linus pone a Lucy e soprattutto, poi, rispondere all’altra di Snoopy. Di fondo, diventa importante ricordarsi che, è capace di amore degno del nome, chi è capace di tollerare i segmenti di solitudine.