10 - 02 - 1995

EROTICO: riferito a quanto pone l’accento sulla carica di sensualità e vitalità insita nel attrazione sessuale ed è pertanto atto a risvegliare il desiderio sessuale. Da eros=amore.

PORNOGRAFICO: trattazione o raffigurazione di soggetti erotici che offendono il pudore. Da: porné=meretrice e graphos=scrivo.

Ho passato molto tempo a confrontarmi con queste definizioni (Devoto Oli: Dizionario della lingua italiana) dove si rappresenta il primo concetto come qualcosa di accettabile, il secondo come qualcosa di volgare; cercando di definirmi i loro territori di confine. Ma ne ricavavo disagio e un certo senso di artificiosità.

Qualche tempo fa ho avuto in mano il poster di un’attrice formosa, utilizzata attualmente come testimonial promozionale da una società distributrice di carburante. Mi incuriosì il caratteristico doppio uso che se ne poteva fare: ognuna delle due facciate presentava infatti un’immagine della diva diversa l’una dall’altra nell’abbigliamento, suggerendo quindi un’opzionalità nel fruitore della figura. Le due foto presentano una donna in due atteggiamenti entrambi seduttivi ma tra di loro profondamente diversi. Nel primo infatti il corpo è completamente rivestito però da una calzamaglia trasparente; l’atteggiamento del viso, il gioco dei capelli, l’utilizzo delle sfumature di colore forniscono quasi delle sensazioni fisiche all’interlocutore, suggerendo una grande disponibilità al contatto. Nel secondo l’atteggiamento è apparentemente più innocente, come festa di neomaggiorenne, con confini netti nell’abito e nei colori.

La seduttività viene in parte affidata alle sporgenze del corpo che risaltano proprio per il modo in cui vengono celate.

A domanda qualcuno ha trovato più “pornografica” un’immagine, qualche altro l’altra. Forse bisognerebbe però dire: più inquietante o forse stimolante, o forse liberante… Forse proprio in questa bifrontalità che richiama le mitologie dell’infanzia dell’uomo riappare un dilemma antico che implica da una parte la sottomissione del sesso femminile a quello maschile dove si attua la regolazione della sessualità come strumento di riproduzione del gruppo e quindi nuove braccia per il patrimonio, la patria, la trasmissione della continuità della stirpe nel tempo… un sesso buono in cui ad un pater familias si aggiunge una matrona, fattrice, custode del focolare -una specie di governante- attraverso cui formare alleanze con altri clan e di cui però le rappresentanti sono tanto migliori quanto di esse meno si parla e con le quali è anche ritenuto bizzarro avere rapporti affettivi e di cui spesso non si tramanda neppure il nome.

Dall’altra un sesso per il piacere e il godimento a cui sono adibite le etere e le concubine, e dove anche lo stupro è considerato parte integrante e normale di questa modalità.

Afrodite che emerge dall’acqua con due ancelle che la rivestono lasciando scoperti due morbidi seni, si pone come tratto di unione di questa apparente contrapposizione ideologica nel trono Ludovisi: a un lato del quale essa è rappresentata nella sua versione nobile e addomesticata di Afrodite Urania, la Celeste drappeggiata e spigolosa curatrice del nucleo familiare; l’altro lato rappresenta Afrodite musica, nuda e rilassata.

Ma era sempre Afrodite. Era ed è sempre la stessa donna.

E’ la paura che spinge a categorizzare, a creare rigidi confini, netti e ben demarcati tali che siano facilmente indicabili, che diano sicurezza e identificazione, è la paura che rifugge da eventuali zone d’ombra e di tolleranza.

E’ la neocorteccia che stabilisce norme e freni a quel cervello più antico, primitivo, dove la sopravvivenza si media attraverso la spinta alla sessualità e alla violenza degli istinti.

E’ un messaggio che i pittori ci hanno trasmesso nelle loro figure forse ignorandolo essi stessi e sublimandolo spesso nel racconto di immagini di richiamo religioso. Ad esempio il mito biblico di Susanna, che è un discorso sulla purezza (il suo nome significa giglio) che ispira sensazioni voluttuose nei due anziani giudici (la mente che dovrebbe essere razionale, ma fallisce e ricorre alla calunnia) e che solo un sentimento di giustizia divinamente ispirato (Daniele) smaschera, nel contesto di una società fortemente patriarcale e maschilista. Osserviamo ad esempio tre delle tante e varie costruzioni visive elaborate in ambienti culturalmente e cronologicamente diversi. Nel Tintoretto la giovane è rappresentata con una corporeità fragrante e serena rivestita solo di alcuni gioielli; a sinistra spicca la testa di un uomo che guarda, talmente schiacciata a terra da creare quasi l’illusione ottica di un grosso serpente. Andiamo poi allo sguardo femminile di drammatica paura, con mani maschili aggressive brancicanti i seni nella rappresentazione del Tiepolo, che privilegia una sensazione di violenza. Infine la modalità più rilassata immaginata da Rembrandt, in una situazione analoga, sollevando appena la vestaglia al di sopra delle ginocchia.

Erano quadri “spinti”? I pittori si ponevano delle censure? Come li trovava la committenza? Quali sensazioni riferiva e quali teneva per sé?

E saltando di palo in frasca andiamo all’imitazione per opposizione che sembra vedersi nell’accanimento, nel desessualizzare e quasi imbruttire nelle madonne delle icone russe, inseverite e mascolinizzate nei lineamenti, quasi una versione cristallizzante di Atena Parthenos. Un fenomeno squisitamente femminile come la maternità ridotto quasi esclusivamente ad un aspetto tutoriale.

E le tele braghettonate?… A tale proposito mi sembra utile ricordare l’attuale aspetto di una tela presente in una chiesa del paese dove abito. In questo quadro che rappresenta una Madonna con un bambinello paffuto ed ignudo, appaiono violente abrasioni dove comparivano i genitali.

Un sacerdote turbato dalla loro visione ne ha attuato un’evirazione violenta, forse volendo in realtà colpire se stesso, riecheggiandogli forse nella mente il misterioso detto evangelico del farsi eunuchi per il regno dei cieli, trasferendo sulla tela un’operazione di disumanizzazione probabilmente già dolorosamente avvenuta nella sua mente plasmata da una cultura tardo ottocentesca.

Pornografia, erotismo…forse è ora di iniziare a ricomporre questa che come tante altre dicotomie hanno attraversato pesantemente la storia delle paure e delle fantasie di questa parte di umanità; tentando di recuperare un po’ di armonia fra il corpo e la mente.

Corso Enzo

Gennaio/Febbraio 1995 – Anno III– n° 1