16 - 09 - 2019

di Giorgia Rosamaria Gammino

Di punto g si fa un gran parlare in diversi contesti: in quello scientifico si è creato per decenni un grande dibattito sulla sua esistenza, nonché esatta collocazione e fisiologia; nel mondo della pornografia è una categoria gettonatissima. E nella cultura popolare è quasi un mito che aleggia sulle nostre vite di umili umani, che sta condizionando diverse donne e uomini che lo ricercano, a volte invano, nella speranza di poter emulare (e vivere) quello che i video ci mostrano.

Un po’ di storia scientifica…

A chiamarlo per la prima volta “Punto G” furono Whipple e Perry negli anni ’80 (Whipple & Perry, 1983), in omaggio al ginecologo tedesco Ernst Gräfenberg che nel 1944 descrisse quest’area in uno studio sul ruolo dell’uretra nell’orgasmo. Secondo Gräfenberg si trattava di una zona di 1-2 cm all’interno del canale vaginale, estremamente sensibile se stimolata direttamente, localizzata nella parete anteriore a circa 5-8 cm, lungo le mura dell’uretra, a ridosso dell’osso pubico e vicino alla vescica.

Negli anni a seguire, quindi, a partire dalle prime ricerche aneddotiche basate sulle esperienze personali, diversi Autori hanno cercato di individuare quest’area con vari strumenti e metodi come questionari, esami clinici, marcatori biochimici e varie modalità di imaging (quali risonanze magnetiche funzionali e radiografie).
Contemporaneamente, però, altri Autori hanno invece smentito l’esistenza di un’aerea anatomica distinta, sostenendo che si tratterebbe piuttosto semplicemente di un’ulteriore estensione del clitoride, responsabile nelle sue molteplici innervazioni di ogni orgasmo, sia che sia raggiunto tramite penetrazione vaginale, che tramite stimolazione “esterna” del glande clitorideo, che tramite stimolazione diretta di questa sensibile zona chiamata da molti “punto g”. Infatti, la pressione meccanica sulla parte anteriore della parete vaginale potrebbe effettivamente stimolare indirettamente alcune strutture del clitoride, migliorando così la sensazione di piacere (per una rassegna delle differenti posizioni si consiglia la lettura di Kilchevsky et al., 2012)
Di recente, infine, alcuni studi suggeriscono che potrebbe trattarsi in particolare di un’area molto sensibile, in quanto incontro tra terminazioni clitoridee, vaginali e uretrali. Questa zona è stata chiamata infatti “Cuv” (clitoro-uretro-vaginale; Jannini et al., 2014).

Nonostante le decine di studi sul “punto g”, l’unica struttura anatomica identificata in quell’area sarebbe quella delle ghiandole di Skene e del tessuto periuretrale (Baggish, 1999). Secondo questa visione, le ghiandole di Skene si attivano durante l’eccitazione e, tramite l’uretra, secernono un fluido che avrebbe dei parametri biochimici simili a quelli dello sperma. Molte donne vivono questo tipo di esperienza e, anche se la relazione tra il punto g e le ghiandole di Skene non è chiara, data la vicinanza al supposto punto g, si potrebbe avanzare l’ipotesi che queste ghiandole siano proprio la sua struttura anatomica.
Lo stesso Rifelli nel manuale “Psicologia e Psicopatologia della sessualità” (Rifelli, 2007) descriveva il punto g come il residuo embrionario della prostata maschile che, se stimolato con una forte pressione, si gonfia e provoca intenso piacere e spesso orgasmi in molte donne.
Alcuni Autori, dopo un’analisi del fluido, hanno constatato che si tratterebbe piuttosto di urina diluita, emessa in maniera involontaria durante il piacere orgasmico per via delle contrazioni della vescica o del rilassamento dello sfintere. Secondo alcuni studi, in particolare, in alcuni casi si potrebbero avere due tipologie diverse di emissioni: la prima più abbondante e a getto, avrebbe una composizione più acquosa e simile all’urina; la seconda, meno copiosa e più densa, sarebbe invece ricca di antigeni prostatici (Salama et al., 2015).

Cosa accade…

Al di là della questione fisiologica, su cui non c’è ancora unicità di visione, molte persone esperiscono un forte piacere grazie alla stimolazione di quest’area, che spesso può condurre a degli orgasmi molto intensi e anche ad una sorta di “eiaculazione”.
In alcune occasioni, infatti, quando l’orgasmo si ottiene grazie alla stimolazione di quest’area (ormai definita da alcuni come “prostata femminile”), per via di una pressione diretta con le dita o di una stimolazione durante la penetrazione, può avvenire un’eiezione dall’uretra di liquido a getti.

L’eiaculazione “femminile”, definita più comunemente come “squirting”, non è nulla di nuovo: pare fosse segnalata già da Artistotele e menzionata anche da Galeno, De Graaf e van De Velde (Rifelli, 2007), ma si tratta sicuramente di un’esperienza rara, seppur possibile in diverse persone, e non così tanto comune come il mondo della pornografia può far credere.

È importante tener presente, infatti, che la particolare sensibilità in questa zona sia comunque soggettiva e non tipica di tutti gli apparati genito-urinari. Il piacere sessuale, nonché la sensibilità genitale, sono infatti estremamente soggettivi, ed andare alla ricerca insistente di una particolarità che non possediamo, invece che godere di quello che già abbiamo, rischierebbe di diventare un’emulazione ricca di ansie e tensioni che potremmo risparmiarci.
Del resto, l’orgasmo non si può ricondurre solo alla meccanica, ma è necessario considerarlo come una manifestazione soggettiva che ha un’estrema variabilità di espressioni. L’esperienza clinica e diverse ricerche (ad esempio, Mah & Binik, 2005) hanno più volte riscontrato come il piacere sessuale orgasmico e la soddisfazione sessuale siano maggiormente legati ad aspetti cognitivi ed affettivi dell’esperienza piuttosto che a quelli sensoriali. Sono quindi più importanti la soddisfazione relazionale, l’intensità psicologica dell’orgasmo e l’intimità emotiva durante e dopo l’orgasmo, che la localizzazi

Spesso molte persone sono portate a pensare che per vivere un’esperienza sessuale più soddisfacente siano necessarie doti fisiche superiori alla media e prestazioni da film. In realtà la ricetta per il piacere è molto più alla portata di mano di quello che pensiamo: investire sulla relazione con il nostro/la nostra partner. Aprirci all’altro, spogliarci emotivamente (oltre o piuttosto che fisicamente), fare entrare l’altra persona dentro di noi…
E sicuramente questa soluzione, per qualcuno, può essere molto più complicata.

Dott.ssa Giorgia Rosamaria Gammino

Psicologa e Sessuologa Clinica, Socia Cis e membro del Gruppo Giovani della FISS – Padova


Bibliografia

Baggish, M. S., Steele, A. C., & Karram, M. (1999). The relationships of the vestibular bulb and corpora cavernosa to the female urethra: A microanatomic study part 2. Journal of gynecologic surgery, 15(4), 171- 178.

Goldberg, D. C., Whipple, B., Fishkin, R. E., Waxman, H., Fink, P. J., & Weisberg, M. (1983). The Grafenberg spot and female ejaculation: A review of initial hypotheses. Journal of sex & marital therapy, 9(1), 27-37.

Jannini, E. A., Buisson, O., & Rubio-Casillas, A. (2014). Beyond the G-spot: clitourethrovaginal complex anatomy in female orgasm. Nature Reviews Urology, 11(9), 531–538.

Kilchevsky, A., Vardi, Y., Lowenstein, L., & Gruenwald, I. (2012). Is the female G‐spot truly a distinct anatomic entity?. The journal of sexual medicine, 9(3), 719-726.

Mah, K., & Binik, Y. M. (2005). Are orgasms in the mind or the body? Psychosocial versus physiological correlates of orgasmic pleasure and satisfaction. Journal of sex & marital therapy, 31(3), 187-2007.

Rifelli, G. (2007). Psicologia e psicopatologia della sessualità. Scione Editore Roma.

Salama, S., Boitrelle, F., Gauquelin, A., Lesaffre, C., Thiounn, N., & Desvaux, P. (2015). Squirting and female ejaculation in 2015?. Gynecologie, obstetrique & fertilite, 43(6), 449-452. Whipple e Perry (1983). Il punto g tutte le verità sull’orgasmo. Rizzoli, Milano.