L’Aids è una malattia contagiosa, l’Aids è una malattia mortale, ma l’Aids non è solo una malattia è anche altro. L’Aids è una cosa che significa altre cose. Un segno del disordine che richiama la necessità dell’ordine. Non è per caso infatti che al suo apparire fosse stata diversamente battezzata e nonostante che le sigle siano tendenzialmente prive di qualsiasi valore semantico, l’aver chiamato la nuova terribile malattia GRID (Gay Related Immuno Deficiency) ha fin dall’inizio consentito la attivazione di meccanismi di pensiero ancestrali dove la logica viene dominata dalle emozioni, dai fantasmi inconsci, dalle paure più segrete.
D’altra parte l’Aids si è prestata ad interpretazioni diverse dal suo essere malattia non solo perchè colpisce categorie di devianti quali quelle degli omosessuali, estremi rappresentanti della liberazione sessuale, e i tossicodipendenti, palese espressione del disagio sociale, ma anche perché è una malattia inevitabilmente mortale che trasforma l’aspetto fisico in forme mostruose, altamente contagiosa ed epidemiologicamente in continua e rapida e espansione, ha una lunga incubazione ed è quindi una costante ed invisibile minaccia, proviene da paesi lontani, dal Sud del mondo, forse addirittura dagli animali, dalle scimmie, non risparmia le classi sociali più potenti e i più deboli colpendo anche i bambini, infine la scienza medica alla quale illusoriamente vengono attribuiti poteri straordinari si rivela di fronte ad essa impotente.
A livello individuale e collettivo la rappresentazione affettiva e cognitiva della malattia domina dunque il quadro e l’Aids, segno del disordine, diventa il flagello opportunamente abbattutosi su di una società che ha smarrito la giusta via.
Quale migliore occasione quindi per recuperare un problema oramai vecchio che dopo le fortune degli anni settanta sembrava essere stato dimenticato del tutto. Perché non ripensare all’educazione sessuale per prevenire la malattia si dice, ma di fatto per rispondere al disordine con un preciso richiamo all’ordine, affinché l’essere bene educati possa placare quel senso di vendetta che il pensiero magico-primitivo sembra associare alla malattia.
L’educazione sessuale ritorna così di moda, l’editoria trova nuovi spazi commerciali e buona parte dei fondi assegnati alla prevenzione e quindi all’educazione alla salute, vengono impegnati per sostenere iniziative motivate dalla convinzione che una buona educazione sessuale consenta una condotta sessualmente corretta e quindi immune dal contagio.
Ma l’educazione alla salute non è l’educazione sessuale, essa ha come meta privilegiata quella di favorire l’uso dei mezzi di prevenzione attraverso la diffusione delle conoscenze e la legittimazione sociale di quegli stessi mezzi (per es. il preservativo) e come obiettivi di prevenzione: conoscere le malattie (AIDS e MST) e le vie di trasmissione, conoscere i mezzi per prevenirle ed essere in grado di utilizzarli adeguatamente, essere in grado di valutare criticamente, liberamente e responsabilmente le proprie scelte comportamentali per concorrere al raggiungimento e alla salvaguardia della salute propria e altrui.
L’educazione sessuale invece se non vuole trasformarsi in una predicazione di norme, ha lo scopo di consentire spazi di discussione e socializzazione sui temi della sessualità e come principale obiettivo educativo (v.progetto di legge) quello di assumere strumenti conoscitivi e di linguaggio per poter realizzare la propria sessualità.
L’educazione sessuale potrà forse fornire strumenti conoscitivi relativi alle malattie sessualmente trasmesse, ma diversi sono gli strumenti di prevenzione e l’annunciato matrimonio con l’educazione alla salute servirà a tranquillizzare le coscienze impaurite di molti nostalgici della repressione, ma non certo per poter costruire in libertà e responsabilità il proprio essere sessuato.
Novembre/Dicembre 1993 – Anno I –n° 4
In “Frammenti di Sesso” CIC, 2005