27 - 04 - 2023

MATTEO MANTOVAN
Psicologo, Sessuologo
 

SESSUALITA’ E DEFICIT COGNITIVO: BUONE PRATICHE NELLA PROGETTAZIONE DI ATTIVITA’ DI EDUCAZIONE ALLA SESSUALITA’
 

Parlare di sessualità implica parlare sì di atto sessuale, ma anche di aspetti come i desideri, il piacere, l’identità, l’orientamento sessuale, il rapporto con l’altro, le differenze, e contraccezione. Quando si parla di sessualità con persone con disabilità purtroppo, quelli che sono i diritti sessuali sono spesso messi in secondo piano, se non negati a priori, “alle persone con disabilità raramente è chiesto di esprimere i propri sogni, i loro desideri sensuali o sessuali” (Addlakha, Price e Heidari; 2017, p. 7), considerandole persone come non in grado di avere una sessualità, dando per scontato che non abbiano desiderio e, in generale, infantilizzandone i comportamenti, (ivi); emerge quindi una discriminazione multipla, che può portare quindi ad un vissuto di maggior malessere. Ne consegue che le persone con deficit intellettivi risultano avere poche conoscenze rispetto alla sessualità; le competenze sembrano essere relegate a questioni riguardanti l’igiene, mentre vi sono scarse conoscenze rispetto ad altre tematiche come ad esempio le differenze individuali, cosa sia il rapporto sessuale o la masturbazione (Leutar e Mihoković, 2007).
 

Viste quindi queste premesse e posto che l’OMS riconosce all’interno dei diritti umani fondamentali anche i diritti sessuali, comprensivi, nello specifico, anche il diritto a ricevere un adeguata educazione sessuale (OMS, 2002), emerge la necessità di garantire la creazione di progetti che, secondo un’ottica inclusiva, garantiscano a tutti la piena possibilità di raggiungere questi diritti. Secondo una metanalisi di Medina-Rico e coll. (2017) infatti i problemi legati alla sessualità di persone con disabilità intellettiva non nascono dalle limitazioni causate dal deficit cognitivo, bensì dal limitato accesso alle informazioni che essi hanno.
 
Cosa è importante quindi tenere a mente mentre si progettano delle attività?
 

Un progetto rivolto a un target di persone con disabilità non può prescindere dal tenere in considerazione un approccio inclusivo. Uno dei più attuali contributi su cosa significhi “inclusione” è quello di Nota, Mascia e Pievani (2019) che si basa su un’ottica globale e interdisciplinare. Inclusione è quindi ridurre le disuguaglianze in tutti gli aspetti della vita della persona. Mettere in atto un approccio inclusivo significa quindi porre al centro la persona, valorizzare le differenze, con un focus non più sull’”io” ma sul “noi”.
Inoltre, un utile contributo viene dato dal “Universal Design for Learning” (Orkwis e McLane, 1998). Secondo questo modello, nel progettare attività di tipo educativo o didattico è necessario pensare a priori a come implementare delle attività fruibili alle diverse necessità delle persone a cui sono rivolte e non, come spesso viene fatto, a modificare a posteriori le attività in base ai limiti incontrati.
 
Tenendo a mente questi due modelli teorici esposti, vediamo quali possono essere alcune buone pratiche emerse dalla letteratura.
 

Comparando 31 progetti, Gonzálvez e coll. (2018) mettono in luce che i risultati migliori sono ottenuti da interventi ripetuti nel tempo, tenuti da operatori adeguatamente preparati e con durata del singolo incontro di non più di 45 minuti. Altri aspetti facilitanti evidenziati sono l’utilizzo di strumenti multimediali, in particolare video che potrebbero ridurre l’imbarazzo, e la costruzione di percorsi e ambienti personalizzati che rispondano alle necessità dei partecipanti, alternando attività gruppali ad attività individuali (Schmidt e coll., 2021).
 

Le persone con deficit intellettivo riportano la necessità di essere riconosciute come persone in grado di avere dei desideri propri e di poter vivere una vita meno controllata da altri (Black e Kammes, 2019). Un ottimo esempio di progetto in questo senso è quello presentato da Frawley e O’Shea (2020) noto come “Sexual Lives and Respectful Relationships” (SL&RR)” che, basandosi su un approccio di peer education, rende le persone con disabilità non più utenti ma attori primari del progetto, sia nella fase di progettazione che nelle attività. Secondo gli autori il successo di questo progetto è dovuto al fatto che ha alla base un modello teorico basato sulle teorie pedagogiche di Freire, che permette alle persone di accrescere le proprie conoscenze e il proprio empowerment.
 

È noto quanto gli atteggiamenti dei familiari e dei caregiver possano favorire o, al contrario, sfavorire il benessere sessuale. Un esempio di progetto che opera a questo livello è “Home Based Adolescent Sexuality Education for Intellectual Disabilities (Home B.A.S.E)”, che fornisce supporto e competenze ai genitori di ragazzi con disabilità nel trattare le tematiche della sessualità con i figli (Frank e Sandman, 2019). Risulta molto importante fornire competenze e informazioni corrette e prevedere un supporto adeguato anche a livello psicologico ove necessario, al fine di ridurre i vissuti di stress, isolamento e paure che possono percepire (Chrastina e Večeřová, 2020; Haynes, 2016).
 

Ad un livello di macrosistema, infine, una metanalisi di Brown e McCann (2018) auspica un maggiore controllo sul rispetto delle politiche legate alla promozione del benessere delle persone con disabilità, al fine di garantire efficacemente il pieno rispetto dei diritti della persona. È importante segnalare anche la necessità di una maggiore formazione degli operatori che lavorano con le persone con disabilità rispetto alle tematiche della sessualità e ai diritti sessuali al fine di saper rispondere efficacemente alle necessità delle persone con cui lavorano. A tal fine risulterebbe utile prevedere all’interno dei percorsi di formazione e di aggiornamento degli operatori alcuni specifici interventi su tali tematiche.
 

Dalla letteratura più recente emergono quindi molti stimoli che possono guidare la stesura di progetti e attività con il fine di migliorare il benessere e le conoscenze sessuali delle persone con un deficit intellettivo. Queste persone spesso vivono situazioni di emarginazione, di discriminazione e di scarso empowerment. È necessario quindi porre al centro del nostro lavoro il soggetto, con le sue necessità, desideri, difficoltà e interessi. Un approccio di tipo bottom-up sembra sempre di più quello che permette di ottenere i cambiamenti più efficaci e duraturi.
 

È auspicabile, infine, che le attività di educazione sessuale non si limitino quindi a trattare solo di sessualità da un punto di vista biologico, ma che siano svolti in un’ottica globale, senza proporre modelli abilisti ed eteronormativi (Löfgren-Mårtenson, 2012; Schmidt e coll. 2021).

 
 
Bibliografia
Addlakha, R., Price, J., Heidari, S. (2017) Disability and sexuality: claiming sexual and reproductive rights, Reproductive Health Matters, 25:50, 4-9.
 
Black, R. S., & Kammes, R. R. (2019). Restrictions, Power, Companionship, and Intimacy: A Metasynthesis of People With Intellectual Disability Speaking About Sex and Relationships. Intellectual and Developmental Disabilities, 57(3), 212–233.
 
Brown, M., & McCann, E. (2018). Sexuality issues and the voices of adults with intellectual disabilities: A systematic review of the literature. Research in Developmental Disabilities, 74, 124–138.
 
Chrastina, J., Večeřová, H. (2020). Supporting Sexuality in Adults with Intellectual Disability – A Short Review. Sexuality and Disability (2020) (38), 285–298.
 
Frank, K., & Sandman, L. (2019). Supporting Parents as Sexuality Educators for Individuals with Intellectual Disability: The Development of the Home B.A.S.E Curriculum. Sexuality and Disability, 37(3), 329–337.
 
Frawley, P., & O’Shea, A. (2020). ‘Nothing about us without us’: Sex education by and for people with intellectual disability in Australia. Sex Education, 20(4), 413–424.
 
Gonzálvez, C., Fernández-Sogorb, A., Sanmartín, R., Vicent, M., Granados, L., & García-Fernández, J. M. (2018). Efficacy of Sex Education Programs for People with Intellectual Disabilities: A Meta-Analysis. Sexuality and Disability, 36(4), 331–347.
 
Haynes, A. (2016). An investigation into parental attitudes about sexuality and children with intellectual disabilities. Doctoral dissertation, City University of Seattle
 
Leutar, Z., Mihoković, M. (2007). Level of Knowledge about Sexuality of People with Mental Disabilities. Sexuality and Disability. 25. 93-109.
 
Löfgren-Mårtenson, L. (2012). ‘‘I want to do it right?’’ A pilot study of Swedish sex education and young people with intellectual disabilities. Sexuality and Disability, 30(2), 209–225.
 
Medina-Rico, M., López-Ramos, H., & Quiñonez, A. (2018). Sexuality in People with Intellectual Disability: Review of Literature. Sexuality and Disability, 36(3), 231–248.
 
Nota, L., Mascia, M., Pievani T. (2019) (a cura di). Diritti umani e inclusione. Bologna:Il Mulino.
 
Organizzazione Mondiale della Sanità (2002). Definign sexual healt. Report of a technical consultation on sexual health.
 
Orkwis, R., & McLane, K. (1998). A curriculum every student can use: Design principles for student access. OSEP Topical Brief. Reston, VA: Council for Exceptional Children.
 
Schmidt, E. K., Robek, N., Dougherty, M., Hand, B. N., Havercamp, S., Sommerich, C., Weaver, L., & Darragh, A. (2021). Recommendations to Improve Accessibility of Sexuality Education for Individuals with Intellectual or Developmental Disabilities: A Qualitative Study. American Journal of Sexuality Education, 16(1), 38–56.