18 - 12 - 2024

Cinzia Favini

Psicologa, Psicoterapeuta

Alla ricerca del genere e del linguaggio

Parlerò di me, e delle persone che ho avuto il privilegio di incontrare e che mi hanno insegnato tanto riguardo le identità sessuali.

Il mio viaggio nel mondo del genere è iniziato con le persone che hanno la necessità di frantumare il genere stesso: le persone trans.

Nell’associazione di cui ho fatto parte, che si definiva TBIGL c’erano persone alla ricerca di se stesse e questa ricerca passava dalla loro sessualità. In un gruppo in cui si parlava di relazioni affettive, emerse immediatamente che la prima relazione è quella con se stessi e conoscersi era fondamentale.

La prima lettera era volutamente la T di Transgender, un termine ombrello che ho imparato porta con sé un mondo di differenze.

Alcune persone T cercavano forsennatamente di avvicinarsi al polo maschile o femminile, impersonando lo stereotipo di questi due poli.

Poi ho incontrato lui, ai tempi si definiva uomo trans e aveva scelto di non intraprendere un percorso medicalizzato (ormonale o altro), attirando lo stupore e la rabbia di molti che non capivano perché non volesse modificare il suo corpo seguendo quello che era. Personaggio controverso, amato e odiato, si esponeva politicamente e visibilmente portava il suo essere nel mondo Tbigl con fierezza e voglia di farsi comprendere. Ora si definisce non binary.

La B dei bisessuali non era compresa in altre associazioni, ma da noi anche l’orientamento sessuale e l’attività sessuale umana non poteva essere ridotta ai due soli poli di eterosessualità e omosessualità (come nella teoria già aveva dimostrato Kinsey negli anni 50).

La I di intersessualità era portata nel gruppo da una persona che la chirurgia e il volere dei medici di allora avevano assegnato alla nascita al sesso femminile, interventi che l’hanno portata ad approcciarsi alla società con un genere femminile, nel quale faticava enormemente a riconoscersi.

Successivamente alla conoscenza di sé, arrivava l’altro e il proprio racconto.

Trovare le parole per una narrazione che sveli chi sono, per farmi comprendere, accorciare le distanze, sentirmi visto e riconoscermi finalmente in quello sguardo.

Ricordo di essere stata molto curiosa riguardo tutte le terminologie e categorie nuove che mano a mano incontravo (pansessuali, asessuali, queer, ftm, mtf, crossdresser, afab, amab) e dopo pochissimo tempo ne ho capito l’importanza: questa ampiezza di categorie era dettata dalla necessità di sentirsi parte di una comunità, di sentirmi al sicuro, di appartenere e di avere vicino qualcuno che almeno un po’ mi assomigliasse.

Per una volta le categorie non erano la volontà di ridurre la complessità.

Come diceva un’attivista donna, lesbica e nera: “se non sei tu a definirti, lo faranno gli altri”.

I vari interventi parlavano anche di microagressioni, atti di discriminazione indiretta, non espliciti non intenzionali oppure di vero e proprio bullismo, di prevaricazione, opportunità negate, causando minority stress (alti livelli di stress provati dai membri di un gruppo minoritario stigmatizzato).

Purtroppo come sappiamo, le categorie portano anche alla creazione di stereotipi e alla richiesta di conformarsi ad essi e da qui alla creazione di pregiudizi, trasformando una forma di protezione in una possibile situazione di discriminazione e violenza.

Grazie a tutti loro ho modificato il linguaggio, facendo attenzione ai pronomi e alle desinenze, facendo in modo che nessuno più si sentisse invisibile.

Grazie ad un caro collega, più esperto di me, ho imparato che l’identità di genere è una parte della nostra identità, non la totalità e quindi incontro i pazienti nella loro unicità, lasciando che siano loro a raccontarmi chi sono e anche chi vogliono diventare, nel processo dello sviluppo di sé.

Dopo il linguaggio ho cambiato il pensiero.

Ora cerco di non usare più la parola diversità, preferisco varietà e parlo di persone, non di uomini o donne, perchè quando parliamo di genere so che è uno spettro lungo il quale ognuno ha il diritto di posizionarsi oppure starne anche fuori.

Bibliografia:

Kinsey scale – Heterosexual-Homosexual Rating Scale

Alfred Kinsey (1894-1956)

Sguardi sul genere, voci in dialogo” a cura di Paolo Rigliano Mimesis 2018

Chiamami così. Normalità diversità e tutte le parole nel mezzo” Vera Gheno Il Margine 2022

L’aurora delle trans cattive” Porpora Marcasciano Alegre 2018