Brevemente di cosa si occupa e qual è la sua specializzazione?
Lavoro come specialista in psichiatria nel Centro Salute Mentale di Rovereto.
Mi occupo di prevenzione, diagnosi e cura dei disturbi psichici tramite interventi – in ambulatorio, a domicilio, in ospedale, in strutture diurne e residenziali – rivolti alle persone singole e/o alle loro famiglie.
Collaboro con altre figure professionali, associazioni, enti pubblici e del privato sociale, per migliorare la qualità della vita delle persone con disagio mentale e delle loro famiglie.
Diverse sono le categorie di disturbi di mia competenza: tra le principali vi sono disturbi dell’umore, i disturbi psicotici (come la schizofrenia), ma anche forme meno gravi come i disturbi de’ansia.
In regime libero-professionale mi occupo di consulenza, diagnosi e terapia delle disfunzioni sessuali.
La formazione del personale (operatori sanitari e non) costituisce un campo di particolare interesse e nel quale ho sviluppato specifiche competenze.
Quali studi ha intrapreso per esercitare la sua professione?
Dopo la maturità classica, mi sono laureato in medicina e successivamente mi sono specializzato in psichiatria presso l’Università di Bologna. Ottenuto il titolo di psicoterapeuta, ho frequentato la Scuola si Sessuologia del Centro Italiano di Sessuologia di Bologna, conseguendo il diploma di Sessuologia Clinica.
Qual è la gratificazione maggiore del suo lavoro?
La soddisfazione delle persone che hanno tratto beneficio dagli interventi terapeutici.
Perché un medico dovrebbe consigliare una visita da un sessuologo?
Una sessualità appagante influisce sul benessere delle persone: la qualità della vita è correlata col grado di soddisfazione sessuale. Alcuni relatori hanno infatti evidenziato che la salute sessuale rappresenta un aspetto rilevante della qualità della vita: il contributo del sessuologo assume un ruolo centrale per il suo miglioramento. Il sessuologo non si limita ad intervenire sul sintomo, ma ha l’obiettivo di consentire una modalità esistenziale soddisfacente: ciò comporta un approccio molto più ampio e complesso che trascende il sintomo stesso. Certamente bisogna approfondire l’aspetto fisico, corporeo, relativo strettamente alla fisiologia della risposta sessuale. Lo studio dei fattori biologici, tuttavia, non è sufficiente: la funzionalità sessuale non viene valutata solo in base alla presenza o all’assenza di una performance, bensì in relazione alla persona. L’attenzione del sessuologo è rivolta all’individuo inteso nella sua totalità. L’obiettivo è il superamento della separazione tra corporeità e persona: nessun gesto corporeo è solo fisico, ma è sempre un segno che esprime qualcosa dell’interiorità di una persona. ogni gesto sessuale ha quindi un significato e un senso assolutamente peculiari (e quindi differenti da individuo a individuo) che non potranno mai essere riconosciuti se l’attenzione viene rivolta esclusivamente alle possibilità meccaniche del copro trascurando le altre dimensioni umane della sessualità. Al sessuologo spetta il compito di “sintesi” di tutte queste dimensioni.
Come definirebbe la nostra epoca dal punto di vista della sessualità?
E’ l’epoca della “perfomance”. Nella mia esperienza di sessuologo, il modello di comportamenti sessuali molto diffuso tra le persone che mi hanno consultato è quello della perfomance come valore da perseguire.
E’ un modello che incentiva e impone l’esaltazione e l’esasperazione della prestazione: la virilità quanto la femminilità vengono intese come efficienza e sono fondate sul potere della prestazione.
Nei concetti contemporanei di virilità e femminilità sembrano escluse o comunque non sufficientemente integrate dimensioni dell’esistere quali l’affettività, la capacità di relazionarsi con l’altro, il “sentire” le proprie emozioni.
Un modello dunque orientato all’efficienza del “fare” (per cui non solo l’uomo, ma anche la donna chiedono di essere esperti, attivi e conoscitori delle “tecniche amatorie”) e carente del sentire proprio e del/della partner: un modello che sembra trascurare una partecipazione emotiva.
In questo “modello della performance”, la sessualità è caratterizzata da un individualismo esasperante che sacrifica il proprio sentire in nome della performance.
Secondo questo modello, il corpo viene percepito e considerato come “compito”, come “dovere”.
Zygmunt Bauman ha scritto che seguire l’ultima novità in fatto di cura del corpo e cercare di sottrarsi ad ogni pericolo per la salute «sono ormai gli indicatori principali di cultura elevata e buon gusto. Entrambi sono diventati il “dovere” primario nell’incessante compito della costruzione del sé».
Enfasi viene posta dunque su un forte senso del “dovere” nei confronti del nostro corpo.
Questa medicalizzazione del corpo fa si che ogni disfunzione fisica (ma soprattutto sessuale) venga percepita e considerata come infortunio autoinflitto, di cui si ha piena responsabilità non solo fisica, ma anche morale.
La persona pensa quindi più o meno così:
«non sono all’altezza di raggiungere l’obiettivo della prestazione sessuale: insegnami, “step by step” (proprio in questi termini si è espresso un mio paziente) come si ottiene la prestazione”. Tu, che sei l’esperto devi dirmi come si fa per raggiungere l’obiettivo che io devo raggiungere e che io ti chiedo».
Quanto pensa che la pornografia possa danneggiare la sessualità?
Il danno è proporzionale alla ricerca esasperata della prestazione fisica a scapito della vita affettiva della persona. Il “modello della performance” (di cui ho detto in precedenza) viene spinto all’estremo, favorendo anche lo sviluppo di sentimenti di inadeguatezza al confronto con le prestazioni degli attori pornografici. Un altro rischio è che si instauri una sorta di dipendenza dal materiale pornografico, con un secondario calo del desiderio sessuale nella “vita reale”.
Quali sono le principali disfunzioni sessuali dell’uomo e della donna?
Le principali classificazioni internazionali delle disfunzioni sessuali sono quelle dell’ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali, decima revisione, a cura dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità) e del DSM5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, a cura dell’ American Psychiatric Association). In quest’ultimo manuale, le disfunzioni sessuali sono così classificate: Eiaculazione Ritardata; Eiaculazione Precoce, Disfunzione Erettile (volgarmente nota come impotenza), Disturbo del Desiderio Sessuale Ipoattivo Maschile; Disturbo dell’Orgasmo femminile, Disturbo del Desiderio Sessuale e dell’Eccitazione Sessuale Femminile, Disturbo del Dolore genito-pelvico e della Penetrazione (che comprende le disfunzioni denominate in passato vaginismo –cioè una contrazione dolorosa dei muscoli pelvici che rende impossibile o dolorosa la penetrazione vaginale- e dispareunia -cioè il dolore durante i rapporti sessuali-); Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze/Farmaci.
Lo studio sistematico più ampio fino ad oggi disponibile è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti, che indica come le disfunzioni sessuali più frequenti siano nelle donne rispettivamente il Disturbo del Desiderio Sessuale e il Disturbo Dell’Orgasmo femminile, mentre negli uomini siano l’ Eiaculazione Precoce e la Disfunzione Erettile.
Il trattamento delle disfunzioni sessuali richiede di estendere il proprio campo di intervento ben oltre i confini fisici per occuparsi della persona nella sua interezza, della sua biografia intesa non solo come serie slegata di eventi, bensì come trama rivelatrice del suo stare nel mondo e del suo modo di essere. L’attività sessuale diventa facilmente il terreno sul quale si scaricano le tensioni emotive: dietro a sintomi apparentemente circoscritti (quali la disfunzione erettile, l’eiaculazione precoce, il Disturbo dell’Orgasmo femminile, il Disturbo del Desiderio Sessuale e dell’Eccitazione Sessuale Femminile, ecc.) possono celarsi risvolti emotivi spesso inesplorati. Sintomi quasi identici possono inoltre essere l’espressione di problemi di natura diversa. Perciò è sempre importante chiedersi quale sia l’autentica domanda di aiuto implicita in una disfunzione sessuale, cercando di indagare oltre il sintomo presentato.
Le disfunzioni sessuali sono spesso la spia di un problema più ampio e complesso, in cui sono coinvolti fattori eterogenei ed estremamente diversificati.