di Giuliana Proietti
Premessa. Questa è la mia seconda intervista al Prof. Giorgio Rifelli. La prima è disponibile nel precedente numero di Sessuologia News Online, oltre che su psicolinea.it.
GP Il Sildenafil (Viagra) è stato inserito fra le 100 scoperte più importanti del XX secolo. Dal momento che non stiamo parlando di un farmaco salva-vita, lei è d’accordo nel considerare la pillola blu come una scoperta “importante” per la medicina e per la società?
GR Si tratta comunque di una scoperta di interesse anche se quell’inserimento non è estraneo a operazioni di marketing. Poter disporre di un farmaco specifico per l’impotenza erettile pone tuttavia un altro problema infatti poiché sappiamo che ogni cultura produce le sue malattie e conseguentemente individua le terapie si può essere contenti della scoperta ma non altrettanto di una cultura che produce impotenza.
GP Oggi gli uomini hanno la possibilità di mantenersi sessualmente attivi fino ad età avanzata, anche se attraverso l’aiuto dei farmaci. E’ tutto positivo? O questa potenza sessuale indotta ha anche effetti negativi sulla personalità e sulle relazioni di coppia?
GR Aver la possibilità di usare un farmaco non significa che questo venga usato, sembra che solo il 14% delle persone con deficit erettile ricorra all’uso del sildenafil o similari e che quasi la totalità lo assuma per periodi non lunghi. D’altra parte quando per avere un rapporto sessuale si deve prendere una pillola è come ricordarsi di essere impotente. Il farmaco è un artificio che raramente è ben tollerato: lui pensa di essere un uomo a metà e lei di non essere sufficientemente attraente da suscitare una risposta sessuale adeguata.
GP Qualche anno fa, parlando del concetto di “svirilità”, lei scrisse: “Il fallo infallibile, rappresentante del maschio dominatore, è sull’orlo di una disfatta storica e culturale e si identifica sempre più con un fallo fallato”. Ci può spiegare meglio il suo pensiero in proposito?
GR Non è facile riconoscere il fallimento del discorso che da circa un secolo è stato aperto sul sesso. Rifiutando il mistero perché ritenuto risultato di una società sessuofobica abbiamo avuto la pretesa di svelarlo, ma lo abbiamo solo svilito. Oggi il sesso è stato relegato nel virtuale: la mancanza di desiderio, l’inefficacia di ogni seduzione vanno sempre più diffondendosi e c’è chi difende una vita asessuata come i soci della AVEN (Asexual Visibility and Education Network per l’Italia vedi aven.it) o si esibisce in performance dove il sesso è solo imitato (Air sex) oppure difende i “valori” di una vita da single. All’opposto è nata una nuova patologia quella dei dipendenti da sesso per i quali il desiderio non viene mai soddisfatto. Il modello di vita impostato sui valori della virilità e della femminilità così come sono stati interpretati per secoli è stato messo in discussione provocando una de-mascolinizzazione che ha trascinato con sé anche la donna, i suoi ruoli e i suoi significati. Probabilmente era necessario, ma ancora non abbiamo individuato valori alternativi che possano recuperare la qualità dell’essere uomo e donna senza ricorrere a gerarchie di potere come per troppo tempo è stato fatto.
GP Sempre più giovani apprendono le cose del sesso attraverso il porno che trovano su Internet. In che modo poi questo influisce sul loro comportamento sessuale?
GR A giudicare dalle indagini sociologiche i giovani hanno anticipato di molti anni l’inizio della esperienza sessuale, ma tendono poi ad abbandonare l’attività sessuale per l’incapacità di assegnarle significati che favoriscano e creino relazione. Il piacere fine a se stesso non ha storia, tanto vale rifugiarsi nel virtuale del web dove ogni cosa è possibile senza limiti di tempo e di spazio, senza doversi confrontare con la realtà dell’altro, senza mettere in gioco il proprio esistere e poco importa se il prezzo pagato è quello di non vivere.
GP La maggiore visibilità dell’omosessualità può influire sulla sua frequenza? Oppure i tanti omosessuali che vediamo oggi sono semplicemente delle persone che un tempo si sarebbero nascoste?
GR Il fenomeno omosessuale è maggiormente visibile anche perché gay e lesbiche sono oggettivamente più numerosi. Indubbiamente ci si sente più legittimati a mostrarsi quando sono più frequenti le manifestazioni sociali del fenomeno, ma questo non basta. La diversità dell’orientamento sessuale è un prodotto culturale e il nostro contesto sembra essere, in questo senso, assai prolifico.
GP Cosa ne pensa delle manifestazioni folkloristiche, tipo il gay-pride? Secondo lei giovano alla causa o una maggiore sobrietà potrebbe dare dei risultati migliori contro l’omofobia?
GR Gli omosessuali sono costantemente alle prese con una limitata tolleranza e come tutte le minoranze cerca di attuare ogni modalità che possa ufficializzare la sua presenza e legittimare il suo esistere. Non sorprende quindi che si cerchino riconoscimenti istituzionali (gay e lesbiche sembrano essere gli ultimi e gli unici a credere nel matrimonio e a voler essere madri o padri anche adottivi) o si attuino forme plateali anche se chiassose e, se si vuole, sfacciate per affermare il diritto di esistere. D’altra parte l’omofobia va combattuta e il gay-pride rimane una forma pacifica di battaglia. In alcuni potrà aumentare il fastidio e il rifiuto, ma il successo non è nei poteri degli omofobi o degli omosessuali, altre forze sono in gioco. Come dicevo il fenomeno omosessuale è un prodotto culturale e sono quindi le componenti socio-storico- antropologiche che devono essere individuate per immaginare quale sarà la soluzione del conflitto.
GP Perché, a suo parere, tanti uomini oggi sono attratti da rapporti con persone transessuali?
GR I trans come i transgender e comunque le diversità rispetto ai due poli dell’essere uomo e donna sono un altro aspetto che caratterizza il nostro tempo anche se in forme quantitativamente meno significative sono sempre esistite. Non direi quindi che oggi tanti “uomini” sono attratti da “persone transessuali”. Le stesse ragioni che oggi producono trans producono persone (in questo caso uomini) altrettanto contraddittorie rispetto al proprio patrimonio genetico, alla propria produzione ormonale e in definitiva al proprio corpo.
Entrambi gli attori dell’incontro non si sono risolti per una scelta precisa, entrambi sono attratti dal gioco delle ambiguità, dall’onnipotenza di essere tutto, maschi e femmine assieme.
GP Secondo la sua esperienza clinica, l’ossessione maschile per le misure del pene c’è sempre stata, anche nei decenni precedenti? E’ possibile che certe angosciate auto-diagnosi di microfallo siano determinate oggi da fattori soprattutto esterni, tipo la facile fruibilità di materiale porno (con protagonisti spesso superdotati) o dall’offerta, interessata e pressante, di chirurgia plastica peniena?
GR Per migliaia di anni la nostra civiltà si è costruita su di un unico sesso, quello maschile e ha enfatizzato le misure del pene-fallo scelto come rappresentante del potere sociale (comanda chi l’ha più grande), riproduttivo, erotico, terapeutico (cura isteria e frigidità), apotropaico (libera dal malocchio e porta fortuna toccarselo). Ci si è sempre preoccupati delle misure del pene e oggi nel momento in cui la virilità sta perdendo i suoi poteri, l’angoscia per il pene piccolo è in qualche modo aumentata a testimonianza di un potere che forse abbiamo già perso. Il viagra quindi come gli illusori risultati della chirurgia peniena sembrano porsi come un ultima, disperata difesa.
GP Sempre più coppie, dopo lunghi anni di fidanzamento, quando si sposano o vanno a convivere si accorgono di aver completamente perso il desiderio sessuale. Secondo lei si può vivere felicemente, specie quando si è ancora abbastanza giovani, senza desiderio?
GR Quando si perde il desiderio (non solo quello sessuale) si perde anche la possibilità di vivere “felicemente”. Il desiderio è vita e non a caso il primo segno di una depressione è la mancanza di desideri. Le coppie che perdono il desiderio non subiscono certo l’azione del tempo o dell’abitudine, ma indicano l’incapacità di costruirsi come coppia ovvero come due persone che hanno deciso di condividere ogni giorno della propria vita per tentare un progetto che richiede attenzione, dedizione, sacrificio, ma anche gioia, seduzione, gioco.
GP Secondo lei si può vivere, diciamo così, “serenamente”, senza una vita sessuale attiva?
GR Se la privazione della vita sessuale è dovuta a qualche contingenza negativa (la lontananza forzata, una malattia o una gravidanza a rischio) vengono messe alla prova le capacità di rinuncia di entrambi le quali attingono energia dalla progettualità e dal significato che si è voluto dare allo stare assieme e quando allo stare assieme viene attribuito lo stesso valore sacrale che è possibile assegnare alla propria vita allora sarà più sostenibile il sacrificio (nel senso letterale del “fare sacro”) e la vita di coppia potrà egualmente essere serena.