Francesca Mattioli
Criminologa, Formazione in Sessuologia Clinica e laureanda in Psicologia dell’intervento clinico e sociale
Juvenile Sex Offenders
Oggi si può affermare che esiste una grande differenza tra comportamenti sessuali trasgressivi, sani, consensuali, messi in atto in modo consapevole sotto la spinta della curiosità e del piacere e comportamenti sessuali devianti che vanno a caratterizzare disturbi psicopatologici come il disturbo parafilico e il sex offending.
Per spiegare questa differenza è stato identificato un continuum lungo il quale si pone il comportamento sessuale, i cui estremi sono la normatività e il sex offending (Quattrini, 2015). È un continuum che parte nel definire la sessualità cosiddetta normativa, espressione degli stereotipi tipici della cultura di una specifica società, passando per la trasgressione e arrivando a fare una distinzione tra ciò che è parafilia e ciò che è disturbo parafilico. È all’estremo del continuum che si trovano i sex offenders, ovvero gli autori dei crimini sessuali, cioè quegli individui che si servono della sessualità come mezzo per arrecare dolore e sofferenza ad un’altra persona.
Oggi, il costante incremento dei casi di violenza sessuale per opera di adolescenti in numerose nazioni, compresa l’Italia, ha portato a volgere l’attenzione su una particolare categoria di sex offender, ovvero gli autori di reati sessuali minorenni, i Juvenile Sex Offenders, che generalmente hanno un’età compresa tra i 12 e 18 anni e, secondo gli studi, hanno delle caratteristiche comuni che li distinguono dagli altri minorenni responsabili di reati di matrice non sessuale.
Il funzionamento sociale dei giovani abusanti risulta essere significativamente compromesso; ad esempio sono descritti come ritirati socialmente, incapaci di stabilire relazioni intime (in particolare con l’altro sesso), hanno difficoltà nel provare empatia e scarse abilità assertive. Per quanto riguarda le capacità cognitivo-intellettive e le problematiche comportamentali vengono segnalate difficoltà di apprendimento, evasione scolastica, difficoltà nel controllo degli impulsi, frequenti i disturbi di personalità di tipo narcisistico, borderline, antisociale e disturbi dell’umore con stati disforici.
Per le tipologie dei giovani autori di reati sessuali esiste un’ampia variabilità di classificazioni: in base al profilo di personalità, al tipo di reato e all’età della vittima (Di Cori R., Fedeli N. & Sabatello, 2012).
In merito ai fattori di rischio emerge che di frequente le famiglie sono multiproblematiche, con confini non ben definiti dei propri membri, con modelli genitoriali disfunzionali o deficit nella funzione di caregiving, discontinuità delle cure, instabilità emotiva, assenza di valide figure di attaccamento e ridotte opportunità identificatorie (Scali M., 2011).
Quello del sexual offending è riconosciuto come un fenomeno multideterminato e, provando a fare una breve rassegna della letteratura per quanto riguarda l’eziopatogenesi, le esperienze traumatiche rivestono senza dubbio importanti fattori patogenetici (Di Cori R., Fedeli N. & Sabatello, 2012). Nonostante l’analisi delle vittimizzazioni pregresse dei JSO evidenzi la presenza di abusi sessuali vissuti in età precoce, la nozione di “ciclo della violenza” proposta da Finkelhor risulta non sufficiente a spiegare questo tipo di reati; infatti, non tutti i minori sono stati vittime di abusi sessuali e non tutte le vittime di sexual abuse diventano sex offenders.
Non solo la presenza di traumi da abuso fisico o sessuale, da negligenza, ma anche la mancanza di empatia, di cure, l’esistenza di confini familiari indefiniti, relazioni disfunzionali di attaccamento (Sitney, M.H., Kaufam, K.L., 2020) possono contribuire allo sviluppo di comportamenti sessualmente devianti o violenti. I reati sessuali rappresentano per molti giovani abusanti il tentativo di trasformazione di pregresse problematiche evolutive (Fedeli N. & altri, 2011) e le aggressioni iniziano quando il soggetto sperimenta un vissuto di inadeguatezza e di vuoto, ricorrendo a fantasie sessuali improprie accompagnate dall’aumento della disforia, per poi arrivare all’oggettivazione della fantasia, con la scelta della vittima e il passaggio all’atto.
Nell’ultima fase l’individuo può sperimentare una sensazione transitoria di senso di colpa, per poi ripristinare la pseudonormalità attraverso la soppressione di sentimenti spiacevoli o mediante distorsioni cognitive. La sequenza dell’aggressione sessuale, in rapporto con i vissuti di impotenza derivanti da esperienze oggettuali precoci traumatiche, sembra costituire il tentativo dell’individuo di ripristinare un senso di unità di sé attraverso la concretezza dell’agito e la sessualizzazione della condotta.
Si tratta comunque di un fenomeno complesso, che deve tener conto delle caratteristiche strutturali, di funzionamento del soggetto e del peso che i traumi pregressi possono aver giocato nella messa in atto del reato, permettendo così di delineare i contorni della condizione psicopatologica, la sua pervasività e la trattabilità.
Bibliografia
- Di Cori, R., Fedeli, N., & Sabatello, U. (2012). Traiettorie evolutive e possibili destini del trauma nell’infanzia: dal minore vittima al giovane autore di reati sessuali. Rassegna Italiana di Criminologia, (4), 259-271.
- Fedeli, N., Di Cori, R., & Sabatello, U. (2011). I reati sessuali in età evolutiva. Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, 31, 160-168.
- Quattrini, F. (2015). Parafilie e devianza: Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Giunti Editore.
- Scali, M. Juvenile Sex Offender (2011).
- Sitney, M.H., & Kaufman, K.L. (2020). The impact of disrupted caregiving for juvenile sexual offenders. Journal of sexual aggression, 26(2), 274-287